Trump Is Once Again Attacking Americans’ Privacy

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Usa, Trump di nuovo all’attacco della privacy americana

Il governo vuole i dati di chi manifestò contro l’Inauguration Day del presidente. In precedenza il presidente dopo le elezioni aveva parlato di “tre milioni” di voti illegali. E il Dipartimento di giustizia chiese ai singoli Stati informazioni molto dettagliate sui votanti. Provocando anche i malumori dei conservatori da sempre contrari all’invadenza del governo centrale

Ci risiamo: l’Amministrazione Trump fa di nuovo notizia per un’operazione che minaccia la privacy dei cittadini, la loro libertà di espressione, e in ultima istanza il diritto di fare opposizione. Stavolta fa notizia un’iniziativa del Dipartimento di Giustizia, guidato da Jeff Sessions, per ottenere i dati sugli attivisti che manifestarono contro l’Inauguration Day del presidente.

Non è un caso se questa notizia esce mentre ancora divampano le polemiche sugli scontri violenti di Charlottesville, e la controversa “equidistanza” di Trump che vuol mettere sullo stesso piano l’estrema destra neonazista, il Ku Klux Klan da una parte, e la sinistra radicale dall’altra (discutibile perché le frange violente della sinistra estrema, pur esistendo, sono più piccole e meno militarizzate rispetto alle milizie dei fascisti o suprematisti bianchi).

Da tempo Trump, molto prima di diventare presidente, ha un suo “teorema” da dimostrare: l’idea che chi lo contesta sono facinorosi prezzolati, gruppi di squadristi dell’estrema sinistra, violenti, manipolati e coordinati da qualche regìa centrale. Lo disse ogni volta che ai suoi comizi elettorali scoppiavano proteste. Esortò perfino i suoi a rispondere con la violenza. A quel teorema poi si aggiunse l’idea di un complotto per truccare l’elezione con brogli massicci.

Piccato nel suo orgoglio per avere ricevuto tre milioni di voti in meno di Hillary, poco dopo l’Inauguration Day del 20 gennaioTrump cominciò a parlare di irregolarità, guarda caso evocò “tre milioni” di voti illegali. Una teoria assurda, confutata perfino dal partito repubblicano, che è al governo in molti Stati Usa e quindi ha avuto la responsabilità di gestire la consultazione dell’8 novembre in modo regolare. Ma a furia di insistere Trump ha costretto il Dipartimento di giustizia ad aprire un’indagine federale sui “brogli”. E anche in quel caso la vicenda si trasformò rapidamente in una minaccia per la privacy, poiché il governo centrale cominciò a chiedere ai singoli Stati informazioni molto dettagliate sugli elettori. Un abuso, un attentato alla segretezza del voto, al quale diversi Stati democratici hanno opposto un netto rifiuto.

Ancora una volta, nella sua “hybris” Trump finisce col calpestare anche dei valori della destra. Tradizionalmente i conservatori sono contrari all’invadenza del governo centrale, sia che interferisca nelle competenze degli Stati, sia che s’impicci della vita dei cittadini.

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