Al vertice Apec Trump mette in scena il funerale della globalizzazione
Il presidente Usa in Vietnam per l’incontro dell’Associazione Asia-Pacifico da cui, di fatto, vuole sganciarsi. La leadership viene assunta dal Giappone di Shinzo Abe
Fa effetto sentir risuonare lo slogan “America First” in Vietnam, e in una località come Danang martoriata dalla guerra: proprio qui gli americani fino al 1975 fecero uso di defolianti chimici come napalm e Agent Orange. Il Vietnam di oggi ha voltato pagina, è diventato perfino filo-americano (pur di proteggersi dall’incombente vicino cinese) e in questi giorni ospita il vertice dell’Apec. Cioè quell’associazione Asia-Pacifico all’interno della quale nacque l’ultimo grande trattato multilaterale di libero scambio, il Tpp fortemente voluto da Barack Obama.
Donald Trump è venuto a confermare che lui quella globalizzazione non la vuole più. Il Tpp andrà avanti con 11 paesi senza l’America, la leadership di fatto viene assunta dal Giappone di Shinzo Abe (la Cina non è mai stata inclusa nel Tpp). Ripetendo qui il suo slogan elettorale America First, Trump ha indicato che d’ora in avanti seguirà la strada dei negoziati bilaterali, come ha cominciato con la Corea del Sud. Difenderà più duramente dei suoi predecessori gli interessi dell’industria americana e dei lavoratori. In questo senso descriverlo come isolato è corretto e fuorviante al tempo stesso: quando dice queste cose Trump si isola dal pensiero unico neoliberista e da un pezzo della comunità internazionale; non si isola dall’opinione pubblica americana, non dai metalmeccanici che lo hanno votato.
Al funerale di una globalizzazione che fu per mezzo secolo a guida americana, qui a Danang si è presentato Xi Jinping che offre un’alternativa. E’ il globalismo alla cinese, che lui predica presentandosi come il nuovo alfiere delle frontiere aperte. Facile descrivere la Cina come la nuova potenza che ha una visione multilaterale e un progetto universale, mentre l’America si ritira nel protezionismo. Ma l’elogio della globalizzazione che Xi è venuto a ribadire qui in Vietnam, suona come l’apologia di una dieta carnivora da parte di una tigre. La sua Cina sta nel club dei vincitori, l’Occidente no. O almeno non tutto. Le eccezioni sono vistose anche in mezzo a noi. Questo lo dimostra una concessione rilevante che lo stesso Xi ha fatto a Trump subito dopo il loro summit bilaterale di Pechino: una maggiore apertura del mercato finanziario cinese agli investitori esteri. Un regalo a Wall Street e in particolare alla Goldman Sachs, presente in forze nella delegazione di businessmen al seguito di Trump
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.