Iran’s Latest Challenge to the United States: Warships in the Gulf of Mexico

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Caracas e Teheran, Maduro e Rohani, socialismo e islam sciita, Medio Oriente e America Latina. Pochi decenni fa sarebbe apparso impensabile, quasi assurdo, che la Repubblica islamica dell’Iran e il Venezuela potessero avere interessi convergenti sul fronte politico. Ma le dinamiche della globalizzazione e dalla transizione geopolitica cui assistiamo dimostrano da tempo che le alleanze o le convergenze d’interesse possono unirsi in modi abbastanza inaspettati, soprattutto quando c’è un nemico comune. E soprattutto se questo nemico comune è rappresentato dagli Stati Uniti che tende a contenere (in modo del tutto differente) l’Iran in Medio Oriente e il Venezuela in Sudamerica. Un nemico in comune è sempre il motivo più valido per un’alleanza. E Washington certamente non è un’eccezione. Non deve quindi stupire che questi due Paesi così diversi decidano di intensificare le loro relazioni per lo scopo comune di disturbare la superpotenza Usa, soprattutto in quello che considera il proprio “cortile di casa”, ovvero il continente americano. Già pochi giorni, il ministro degli Esteri venezuelano, Jorge Alberto Arreaza Montserrat, aveva lodato le politiche iraniane in un incontro a Caracas con l’ambasciatore dell’Iran, confermando la volontà del Venezuela di sostenere le scelte di Teheran in Medio Oriente. La mossa, questa volta, arriva direttamente da Teheran e coinvolge il Sudamerica. Questa settimana, il nuovo comandante della Marina iraniana, l’ammiraglio Hossein Khanzadi, ha affermato in conferenza stampa che alcune navi da guerra iraniane salperanno verso l’Atlantico, direzione Golfo del Messico. Una volta arrivati nelle acque caraibiche, la flotta inizierà delle visite ufficiali in Sudamerica, fra cui molto probabilmente non mancherà una sosta nei porti venezuelani, tra l’altro da poco autorizzati ad ospitare anche la flotta della Federazione Russa dopo un accordo siglato fra Mosca e Caracas.

La notizia dell’arrivo della flotta iraniana nel Golfo del Messico ha chiaramente il sapore di una risposta politica e mediatica alle ultime tensioni che circondano l’Iran, specialmente nel Golfo Persico. Il mare che divide l’Iran dalle monarchie della penisola arabica è una delle acque più calde del mondo e sono frequenti gli incontri ravvicinati fra la Marina statunitense, che ha basi in Bahrein, Oman, Emirati e Kuwait, e quella dell’Iran, che pattuglia le proprie acque territoriali. Il controllo di Hormuz, dei giacimenti di gas e del traffico marittimo verso l’Iraq sono temi molto importanti per gli interessi strategici di Teheran e di Washington ed è inevitabile l’aumento delle tensioni in quelle acque quando aumentano le tensioni politiche fra i due Paesi o fra l’Iran e i Paesi partner degli Usa. La mossa della marina iraniana di muovere verso l’Atlantico sembra quindi quasi un diversivo per spostare l’attenzione dai propri confini o una vera e propria sfida agli Stati Uniti. Mostrare di “sfondare” la barriera atlantica e arrivare direttamente nel golfo del Messico significa inviare alla Cassa Bianca un messaggio molto chiaro sulla capacità di spostamento delle navi iraniane ma anche della rete d’interessi politici e strategici di Teheran, che possono arrivare addirittura in America Latina.

Oltre a queste informazioni, già di per sé importanti, l’ammiraglio Khanzadi ha poi dato altre indicazioni interessanti sugli sviluppi della marina della Repubblica islamica dell’Iran. La prima indicazione, è quella dell’avvio di un programma di sviluppo per equipaggiamenti militari in vista di operazioni in acque internazionali. La seconda notizia è che l’Iran è in procinto di terminare un processo di rinnovamento della flotta a partire dal varo di nuovi sottomarini e navi. L’ammiraglio ha poi continuato confermando l’aumento della flotta del Mar Caspio con l’arrivo di una nuova corvetta lanciamissili, mostrando interesse verso un mare molto spesso dimenticato ma al centro di numerosi contenzioni sia di natura economica che militare. Infine, ha aggiunto Khanzadi, la Marina sta per inaugurare l’aeroporto nella città sud-orientale di Jask, davanti alle coste dell’Oman, già sede di un’importante base navale. Tutti segnali non certo pacifici, va detto, ma che s’inseriscono in quadro di crescenti tensioni in cui gli Stati Uniti riescono a fare da collante da un capo all’altro del mondo. Così, se la scorsa settimana il ministro degli Esteri della Corea del Nord è stato in visita ufficiale a Cuba, prossimamente vedremo le navi iraniane giungere in Venezuela e in tutta l’America del Sud. Conseguenze geopolitiche che gli Usa avranno certamente previsto con l’aumentare delle tensioni in ogni angolo del globo, ma che rischiano di portare il mondo verso un vicolo cieco.

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