China-North Korea-United States: An Increasingly Dangerous Triangle

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Cina-Corea del Nord-Stati Uniti: un triangolo sempre più pericoloso

Perché il riavvicinamento tra Pechino e Pyongyang ha sconvolto i piani di Trump

Claudia Astarita

– 16 maggio 2018

La Cina e gli Stati Uniti collaborano sul dossier della Corea del Nord o no? Seguendo i movimenti di Kim Jong-un, che proprio oggi ha minacciato di far saltare il vertice di Singapore con Donald Trump, sembrerebbe trattarsi di una collaborazione di facciata piuttosto che sostanziale. Della serie: ti tengo informato (su quello che voglio, perché tanto se nascondo qualche dettaglio non potrai mai scoprirlo), ma contemporaneamente continuo a portare avanti solo i miei interessi.

Kim e Xi di nuovo amici?

Mentre tutto il mondo pendeva dalle labbra di Donald Trump per scoprire la data e il luogo dell’incontro tra il Presidente americano e il leader nordcoreano, quest’ultimo è volato a Dalian per incontrare (di nuovo) Xi Jinping.

Non solo: secondo la stampa giapponese un paio di giorni fa una delegazione nordcoreana sarebbe arrivata a Pechino proprio per “coordinare i dettagli del vertice del 12 giugno”, e gira voce che Xi abbia accettato l’invito di Kim e si recherà a Pyongyang “poco dopo il vertice di Singapore. Da notare, si tratterebbe della prima visita di un leader straniero nella capitale coreana, così come l’unica capitale in cui è stato Kim è Pechino.

Cosa sta succedendo

Senza dubbio l’interesse cinese a “riprendere in mano la situazione” e convincere Kim di essere un partner più affidabile degli Stati Uniti è elevato.

Un aspetto curioso è che mentre degli incontri con Moon Jae-in e Donald Trump siamo stati informati con largo anticipo, quelli con Xi Jinping vengono tenuti segreti fino a quando non si sono conclusi. Per quanto sia difficile capire quale sia, una ragione ci sarà.

Cosa offre Xi a Kim

La Cina ha molto da offrire alla Corea del Nord. Anzitutto, ha una visione meno categorica della “denuclearizzazione”, perchè pare disposta ad accettare che avvenga in più fasi, e non che segua la formula americana di rinuncia completa, irreversibile e verificabile.

Ancora, la Cina resta il mercato più importante per la Corea del Nord, ed è certamente vero che se c’è un paese che può prima di altri allentare un po’ la morsa delle sanzioni su Pyongyang questo è proprio la Repubblica popolare.

Infine, se è vero che le concessioni reciproche fanno il gioco di Pyongyang, è anche vero che riavvicinandosi a Kim, Xi si ritrova con più carte da giocare sul tavolo americano, mettendosi in una posizione migliore per negoziare sui dazi.

Del resto, siamo proprio sicuri che dopo tutto quello che Trump ha detto e scritto sulle scorrettezze commerciali cinesi e il subdolo tentativo di Pechino di usare il liberalismo per appropriarsi illegalente di tecnologia statunitense il Presidente abbia deciso di fare un passo indietro solo per “proteggere posti di lavoro in Cina”?

Un nuovo modello di governance

La crisi coreana rappresenta per Pechino anche un’occasione per “testare” il modello di governance cinese. Come ripetono ormai fino alla nausea commentatori e rappresentanti istituzionali cinesi, la Repubblica popolare “è una potenza non allineata, pacifica e responsabile, impegnata per il futuro condiviso dell’umanità”.

Pechino non impone il modello cinese a nessuno, ma “resta a disposizione per aiutare a collaborare con chi è interessato ad adottare alcuni elementi del suo sistema, qualora li considerasse utili nel proprio contesto locale”.

Ebbene, a Dalian Xi e Kim non hanno fatto altro che parlare di socialismo, prosperità condivisa, sviluppo graduale e centralità del Partito nella gestione del periodo di transizione.

Se da questa crisi la Corea del Nord dovesse riemergere più forte di prima anche sul piano economico, i meriti di questo successo sarebbero inevitabilmente associali alla Cina e finirebbero indirettamente col rafforzare anche credibilità e vantaggi della Nuova Via della Seta.

Cosa pensa Kim?

Ciò che Kim Jong-un ha davvero dimostrato in questi mesi è la sua natura di leader intelligente, astuto, attento e lungimirante. Oggi, a Kim, che sa beissimo di non potersi fidare del tutto di Trump, fa comodo avere la Cina alleata. Tra l’altro, dopo aver dimostrato grazie al modo in cui ha gestito il riavvicinamento tra Pyogyang e Seul di poter lasciare Pechino fuori dai giochi se lo desidera, ha guadagnato anche la forza necessaria per confrontarsi con la Repubblica popolare da una posizione tutt’altro che subordinata.

Oggi Kim Jong-un ha minacciato di far saltare il summit con Washington con la motivazione del mancato blocco alle esercitazioni militari tra Usa e Corea del Sud. Eppure si tratta delle stesse esercitazioni relativamente alle quali una manciata di settimane fa Kim aveva dichiarato di aver compreso “la rilevanza strategica non offensiva”. Per la Corea del Nord dimostrare agli Stati Uniti di poter andare avanti senza di loro è molto importante per riuscire a negoziare da una posizione di forza. Proprio come ha fatto in passato con la Cina.

L’offensiva anti-americana sulla stampa nazionale

A dire il vero è da qualche giorno che Rodong Sinmun, il “giornale” della propaganda nordcoreana, ha cambiato registro: improvvisamente, tutti gli editoriali sono diventati pro-cinesi e anti-americani. Basta dare un’occhiata alla lunghezza dei messaggi con cui si raccontano gli incontri tra Kim e Xi e Kim e Mike Pompeo per capire che, oggi, a Pyongyang la parola degli Stati Uniti vale meno di quella cinese. Oggi addirittura la stampa nordcoreana ha chiesto agli Stati Uniti di presentare “scuse formali” per il loro coinvolgimento nel massacro di Kwangju, appoggiando la repressione militare del 1980 per frenare l’opposizione democratica dei cittadini di Gwangju contro la dittatura di Chun Doo-hwan, l’uomo che ha guidato la Corea del Sud dall’80 all’88.

Pyongyang difende Seul o cerca ogni possibile scusa per attaccare l’America? In questi giorni Kim ha anche dichiarato di essere profondamente scocciato dell’arroganza con gli gli Stati Uniti accusano il suo governo di commettere abusi di vario tipo violando così i diritti umani dei cittadini. Ma non è certo la prima volta che alla Corea vengono rivolte critiche di questo tipo…

Cosa potrebbe succedere

Come sempre, prevedere come potrebbe evolvere la crisi coreana è molto difficile. Le sole certezze che abbiamo sono tre: la Cina vuole giocare un ruolo chiave nella distensione. E’ riuscita a trovare il modo per convincere Kim dell’opportunità di non continuare ad escluderla, e ora quest’ultimo ne approfitta.

Kim non è un partner affidabile, ma interessato, come tutti, ad assecondare solo i suoi interessi. Che al momento sono quelli di accettare sì la denuclearizzazione, ma senza che sia previsto uno smantellamento completo e verificabile del suo arsenale per poter iniziare a discutere di collaborazioni economiche.

Trump non è l’uomo giusto per accettare un compromesso “imposto con la forza”. E la sua sfacciataggine in politica estera rischia davvero di trasformarlo nell’utile capro espiatorio (di Kim) per giustificare la rottura di un negoziato che non soddisfi le sue priorità.

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