Russiagate: Sentenced, Michael Cohen, Trump’s Personal Fixer: ‘I Only Covered Up His Dirty Deeds’

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Russiagate, in carcere Michael Cohen l’avvocato-tuttofare di Trump: «Ho solo coperto le sue azioni sporche»

L’ex avvocato personale del presidente degli Stati Uniti è accusato di aver evaso il fisco, mentito al Congresso e violato la legge elettorale

di Giuseppe Sarcina, 12 dicembre 2018

Tre anni di carcere per Michael Cohen; un altro problema, e serio, per il suo ex boss, Donald Trump. Ieri la Corte di Manhattan ha condannato l’ex avvocato, 52 anni, riconoscendolo colpevole per nove capi di imputazione. Sono quasi tutti reati finanziari: dall’evasione fiscale per qualche milione di dollari alle false comunicazioni bancarie. Tutti tranne uno: il versamento di 130 mila dollari alla pornostar, Stormy Daniels e di 150 mila dollari alla modella di Playboy Karen McDougal, per convincerle a tacere sui rapporti sessuali avuti nel 2005 con l’allora costruttore newyorkese. Il pagamento, però, avvenne nel 2016. L’accordo con Stormy fu chiuso solo il 28 ottobre 2016, pochi giorni prima delle elezioni presidenziali dell’8 novembre. Il comitato di Trump nascose l’operazione, violando le norme sulla trasparenza, imposte ai candidati nel corso della campagna elettorale. Il pubblico ministero ha sostenuto che in questo caso Cohen aveva seguito le «dirette indicazioni di Trump». E nella sua dichiarazione finale in aula, estremo tentativo di evitare la galera, Cohen ha chiamato in causa il leader del Paese: «Me la prendo con me stesso per il comportamento che alla fine mi ha portato qui; la mia debolezza è stata la cieca lealtà nei confronti di questo uomo (Trump ndr)…Di volta in volta ho sentito fosse mio dovere coprire le sue azioni sporche, anziché ascoltare la mia voce interiore e la mia bussola morale».

Il presidente degli Stati Uniti ha sempre reagito con veemenza, ma da diverse settimane il suo fronte difensivo continua ad arretrare. All’inizio dell’anno aveva negato di essere a conoscenza di qual-siasi «transazione» con le ex amanti. Ora dice che «qualunque cosa sia successa» va considerata una questione «privata». Nello stesso tempo The Donald ha scaricato brutalmente quello che era soprannominato il suo pitbull, twittando il 3 dicembre scorso: «Michael mente perché vuole ottenere una pena leggera, ma per i reati che ha commesso meriterebbe invece una condanna piena». Ora, però, il piano potrebbe inclinarsi pericolosamente per Trump. Da gennaio i democratici assumeranno il controllo della Camera dei Rappresentanti: partiranno da questo processo per alimentare altre indagini parlamentari «sulle azioni sporche» di Trump. Per ora, comunque, buona parte dell’opposizione non sta pensando di avviare l’impeachment, la messa in stato di accusa del presidente.

Sarà decisivo, a questo punto, il rapporto di Robert Mueller sul Russiagate, l’ipotesi di collusione tra il clan dell’allora front runner repubblicano e il Cremlino per danneggiare Hillary Clinton. L’ufficio del Super procuratore ha presentato una relazione al giudice di New York, concludendo che Cohen non ha mentito all’Fbi e, anzi, «sta collaborando estesamente» alle indagini. Ed è proprio l’atteggiamento clemente di Mueller che ora allarma lo Studio Ovale. Fin dove si spingerà Cohen? Che cosa rivelerà (se non lo ha già fatto) sugli affari di Trump? Cohen è stato condannato anche a due mesi di detenzione, compresi però nella pena complessiva di tre anni, per non aver detto la verità al Congresso sulla costruzione di una Trump Tower a Mosca. I contatti, anche politici, per mandare avanti il progetto erano iniziati nel 2015 e sono durati fino al 2016. L’ex fixer, l’aggiustatore al servizio di Trump, dovrà presentarsi nelle carceri federali il prossimo 6 marzo, accompagnato dal giudizio durissimo del giudice William H.Pauley III: «Ha commesso “un ricco assortimento” di crimini, agendo con l’inganno e spinto dalla cupidigia e dall’ambizione. Come avvocato avrebbe dovuto fare molto meglio».

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