Così Trump ha smontato la Casa Bianca
Donald Trump compie due anni alla Casa Bianca. La sua presidenza ha avuto conseguenze dirette e indirette nella vita politica internazionale. È comprensibile che sia così. Gli Stati Uniti sono il Paese più potente del mondo e, di conseguenza, anche il più influente. Trump ha raccolto ammiratori e imitatori. E li ha raccolti in quasi tutti i Paesi occidentali. Il suo slogan «prima l’America» è diventato il motto propagandistico più riadattato dai partiti populisti e conservatori.
L’influenza di Trump è chiara, molto meno il grande equivoco creato dai suoi primi due anni di presidenza: nessun Paese può affermare di venire prima degli altri Paesi, a parte l’America. Nessuno può infatti sfoggiare una potenza economica e militare da far impallidire qualunque altro impero finora apparso nella storia. Non di certo la Germania di Angela Merkel, che è ricca, ma può essere schiantata militarmente dalla Russia di Vladimir Putin, tant’è vero che i tedeschi ospitano da decenni i soldati americani sul proprio territorio.
Trump ha voluto ricordarlo il 27 dicembre 2018, quando, di ritorno dall’Iraq, ha fatto una tappa alla base di Ramstein per salutare i soldati americani in Germania. La Francia è potente militarmente, ma debole economicamente, come dimostra l’inferno, in gilet giallo, che grida «più lavoro» sotto la finestra di Macron. Tutti coloro che hanno ripreso lo slogan più ripetuto del mondo non hanno ascoltato ciò che Trump ha detto in questi due anni di presidenza e cioè che soltanto gli Stati Uniti possono dire di venire prima degli altri.
Se il primo lascito di Trump è un equivoco, il secondo è un brivido. Il mondo sperava che l’ascesa di un grande imprenditore alla Casa Bianca avrebbe dato una spinta propulsiva all’economia mondiale, che ha invece conosciuto un rallentamento. La guerra dei dazi scatenata nei primi due anni della presidenza Trump ha fatto sentire i primi effetti. Le previsioni dell’Organizzazione mondiale per la cooperazione e lo sviluppo economico sono al ribasso per il 2019. L’Ocse ha avvisato che, se la Casa Bianca continuerà il braccio di ferro commerciale con la Cina, il 2020 sarà peggiore del 2019. La crescita dell’economia mondiale nel 2018 è stata del 3,7%, nel 2019 è stimata al 3,5% e nel 2020 potrebbe precipitare al 3%.
La ragione è ovvia: Cina e Stati Uniti sono le due economie più grandi. Se si indeboliscono a vicenda, le ricadute sono mondiali. Centinaia di milioni di cinesi sono fuoriusciti dalla povertà. La Cina ha la più grande industria automobilistica del mondo e il maggior numero di utenti internet. È anche il secondo Paese per numero di miliardari e ospita alcune delle industrie tecnologiche più ricche e potenti. Dal momento che i mercati sono interconnessi, il rallentamento delle due maggiori economie si ripercuote anche sui Paesi più poveri con il conseguente aumento della propensione a migrare verso i Paesi ricchi.
Due anni di presidenza Trump hanno inoltre lasciato irrisolte tutte le questioni principali della vita politica internazionale. La guerra in Siria non è terminata, come ci ricorda la bomba esplosa ieri su un autobus ad Afrin con alcuni civili dilaniati; quella in Yemen non trova una soluzione. La Libia, verso cui Trump ha dichiarato un disinteresse pressoché totale, persiste nel caos, mentre l’Afghanistan è un inferno talmente infernale che Trump vorrebbe fuoriuscire invece di restare.
La situazione in Ucraina dell’est è peggiorata, soprattutto dopo lo scontro nello stretto di Kerch, dove i soldati di Putin hanno soggiogato quelli di Poroshenko, il 25 novembre scorso. Trump non ha migliorato nessuna crisi esistente. Quella con la Corea del Nord è destinata ad aggravarsi, visto che Kim Jong-un non si spoglierà mai delle testate nucleari unilateralmente. Di sicuro Trump ha peggiorato le relazioni con l’Iran, ritirandosi dagli accordi firmati da Obama, che avevano portato a un netto miglioramento dei rapporti tra Teheran e l’Occidente. Nei successivi due anni, tutto potrà migliorare. O peggiorare.
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