A group of 10 men entered the perimeter of the North Korean embassy in Madrid and beat, restrained, and interrogated eight people who were inside it. The incident took place five days before the meeting between U.S. President Donald Trump and North Korean leader Kim Jong Un.
Reconstructing the events
On Feb. 22 around 3 p.m., a group of about 10 people with gun replicas and masked faces entered the North Korean embassy in Madrid and tied up, beat and interrogated embassy staff members.
A woman managed to break free and escape from the second floor window to look for help. Neighbors who had been alarmed by the screams called the police. When officers arrived, they were greeted by an Asian man who reassured them that nothing had happened.
A few minutes later, the man and the other attackers fled at full speed in two cars. Inside, the officers found eight people bound and gagged. Two of them needed medical attention. The cars, owned by the North Korean diplomatic corps, were found abandoned a few hours later.
Foreign intelligence’s involvement
Given the way it was carried out, police immediately ruled out that the event was the work of common criminals. Investigators believe the operation was meticulously planned, similar to the way a military special ops unit would do. Supporting this hypothesis is fact that the only objects stolen were cell phones and computers. The victims reported that the attackers were speaking Korean, presumably from South Korea.
At first the event of an involvement of American intelligence had been feared. According to El Pais, authorities had highlighted some links between two of the assailants and the Central Intelligence Agency.
In a March 15 article, The Washington Post claims to have obtained information from people affiliated with planning and execution. The attackers would have acted without the support of any foreign government, in particular the United States, which avoided getting involved just before the Hanoi summit.
It would be the secret organization of North Korean dissidents, known as "Cheollima Civil Defense", whose main objective is to subvert the regime of Kim Jong Un.
The motive
Meanwhile, investigators’ probes continue. One conjecture is that the assailants were looking for information on Kim Hyok Chol, former North Korean ambassador to Madrid and today one of the key figures in attempts at dialogue between the United States and North Korea.
The diplomat was declared a persona non grata and expelled from Spain in September 2017, by the then Foreign Minister Alfonso Dastis, due to the nuclear tests conducted by North Korea in violation of the UN Security Council resolution.
Kim Hyok Chol is one of the most trusted diplomats of the North Korean leader. He is also one of the architects of the recent summit between Kim Jong Un and Donald Trump; last Feb.; he was one of Pyongyang's envoys to Washington.
L’ombra della Cia sul blitz all’ambasciata nordcoreana a Madrid
Un gruppo di dieci uomini si è introdotto nel perimetro dell’ambasciata nordcoreana a Madrid, picchiando, ammanettando e interrogando otto persone che si trovavano al suo interno. L’episodio è avvenuto cinque giorni prima dell’incontro tra il presidente statunitense Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un.
La ricostruzione dei fatti
Il 22 febbraio, intorno alle 3 del pomeriggio, un gruppo di circa 10 persone, con volto coperto e repliche di armi, si è introdotto nell’ambasciata nordcoreana a Madrid e ha legato, picchiato e interrogato i membri dello staff presenti nell’ambasciata.
Una donna è riuscita a liberarsi e a fuggire dalla finestra del secondo piano cercando soccorso. I vicini, allarmati dalle urla, hanno chiamato la polizia. Quando gli agenti sono arrivati sul luogo, sono stati ricevuti da un uomo asiatico che li ha rassicurati dicendo che non era successo nulla.
Pochi minuti dopo, l’uomo e gli altri assalitori sono fuggiti a tutta velocità a bordo di due auto. All’interno, gli agenti hanno trovato 8 persone legate e imbavagliate, due di queste in necessità di soccorso medico. Le auto, di proprietà del corpo diplomatico nordcoreano, sono poi state ritrovate abbandonate alcune ore dopo.
Il coinvolgimento dei servizi segreti stranieri
Considerate le modalità di svolgimento, la polizia ha subito escluso che quanto accaduto sia opera di comuni criminali. Gli inquirenti ritengono che l’operazione fosse stata pianificata meticolosamente, similmente a come farebbe un commando militare. A supporto di questa ipotesi, il fatto che gli unici oggetti sottratti sono cellulari e computer. Le vittime hanno riferito che gli assalitori parlavano coreano, presumibilmente della Corea del Sud.
In un primo momento si era paventata l’ipotesi di un coinvolgimento dei servizi segreti americani. Secondo el Pais, le autorità avevano messo in luce alcuni legami tra due degli assalitori e la Central Intelligence Agency.
In un articolo del 15 marzo, il The Washington Post sostiene di aver ottenuto informazioni da persone vicine alla pianificazione e all’esecuzione. Gli assalitori avrebbero agito senza l’appoggio di alcun governo straniero, in particolare di quello statunitense, che ha evitato di farsi coinvolgere proprio in vista del summit di Hanoi.
Si tratterebbe dell’organizzazione segreta di dissidenti nordcoreani, conosciuta come “Cheollima Civil Defense”, il cui obiettivo principale è quello di sovvertire il regime di Kim Jong-un.
Il movente
Le indagini degli investigatori, intanto, continuano. Una della ipotesi è che gli assalitori cercassero informazioni relative a Kim Hyok-chol, ex ambasciatore della Dprk a Madrid e oggi una delle figure chiave nei tentativi di dialogo tra Stati Uniti e Corea del Nord.
Il diplomatico era stato dichiarato persona non grata ed espulso dalla Spagna nel settembre del 2017, dall’allora ministro degli esteri Alfonso Dastis, per via dei test nucleari condotti dalla Corea del Nord in violazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite.
Kim Hyok-chol è uno dei diplomatici più fidati del leader nordcoreano. È anche uno degli artefici del recente summit tra Kim Jong-un e Donald Trump, e lo scorso febbraio è stato uno degli inviati di Pyongyang a Washington.
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