The 2 Faces of Artificial Intelligence

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Intelligenza artificiale: ecco le due facce

di Massimo Gaggi | 09 febbraio 2023

La società di Sam Altman in questi anni ha dato contributi straordinari al progresso dell’intelligenza artificiale, anche prima di ChatGPT che è sulla bocca di tutti perché, almeno inizialmente, è stato offerto senza limiti al pubblico mondiale. Ma il suo rapporto con l’etica è cambiato.

OpenAI, creatrice di ChatGPT, è nata nel 2015 in una sala del Rosewood Hotel, nel cuore della Silicon Valley da un gruppo di imprenditori visionari (all’inizio c’era anche Elon Musk), convinti delle grandi potenzialità dell’intelligenza artificiale, nel bene e nel male. E, quindi, decisi a impegnarsi nella ricerca, ma anche a indirizzarla verso obiettivi di utilità sociale anziché di massimizzazione del profitto. Evitando metamorfosi come quella di Google, passata dal buonismo del suo vecchio slogan, «Don’t be evil», non fare del male, allo spietato capitalismo di Wall Street. Per questo OpenAI nacque come fondazione filantropica: niente scopi di lucro e grande impegno per «allineare la tecnologia agli interessi dell’umanità». Proibito, per chi usava il suo software su licenza, sfruttarlo «per influenzare il processo politico o le campagne elettorali» o per «indagini relative all’accesso dei cittadini al credito, al mercato del lavoro o ad altri servizi essenziali». La società di Sam Altman in questi anni ha dato contributi straordinari al progresso dell’intelligenza artificiale, anche prima di ChatGPT che è sulla bocca di tutti perché, almeno inizialmente, è stato offerto senza limiti al pubblico mondiale. Ma il suo rapporto con l’etica è cambiato. La filantropia non bastava a sostenere ricerche complesse, il modello open (regalare al mondo i codici elaborati) limitava gli orizzonti. Entrò Microsoft mentre accanto alla fondazione nacque una società con obiettivi commerciali.

Altman ha continuato a mostrare sensibilità etica. Quando, l’anno scorso, ha lanciato Dall-E 2, un generatore di immagini a partire da testi, una rivoluzione per l’arte, ha imposto vincoli per evitarne usi perversi: dalla disinformazione alla pornografia. Altre start up più spregiudicate hanno adottato software simili, senza limiti. E molti artisti hanno preferito questi tool che li lasciano più liberi. Per tornare in pole position Altman ha lanciato ChatGPT, straordinario e problematico da molti punti di vista. Gli esperti di disinformazione che l’hanno testato dicono che può diventare un grande moltiplicatore delle teorie cospirative che già infettano ogni angolo del web, producendone di nuove e più credibili. Altra prova che l’autoregolamentazione, anche quando perseguita con sincerità e determinazione, come nel caso di Altman, non basta.

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