Neuralink, non bastano le suggestioni
Alessandro Perin e Giuseppe Lauria Pinter | 7 febbraio 2024
L’idea di Elon Musk e la scienza. Perché altre scoperte non hanno suscitato lo stesso interesse?
Negli anni ’80 un’auto indistruttibile sfrecciava dalle strade d’America nelle nostre televisioni. Progettata per combattere il crimine e controllata da un sistema di intelligenza artificiale, KITT, acronimo di Knight Industries Two Thousand, aveva una straordinaria capacità di analisi, critica e previsione. Un’auto assimilabile a un essere umano, dotata di coscienza, compagna di vita del suo proprietario. In quel tempo analogico gli Anni 2000 erano il traguardo futuristico di una simbiosi uomo-macchina con la tecnologia alleato benevolo e intelligente. KITT rappresentava quella potenziale armonia, una guida verso un’inevitabile integrazione globale. Con questo intento nasceva nella California della fine degli anni ‘60 l’epopea visionaria del «Whole Earth Catalog», una selezione dinamica e pubblica di centinaia di strumenti e libri rilevanti per l’umanità, con dettagliate descrizioni di funzioni, immagini, prezzi e fornitori, il tutto acquistabile per posta. Era più di una pubblicazione: un inno all’autosufficienza e alla connessione con il pianeta, riflettendo le aspirazioni di una generazione che desiderava ridefinire il mondo. Simbolizzava la democratizzazione della conoscenza, un tema che avrebbe riecheggiato nei successivi decenni di progresso tecnologico.
L’onda si incanalò nella Silicon Valley, epicentro delle rivoluzioni tecnologiche, con la corsa al personal computing. La visione di Gates di un computer su ogni scrivania e la fusione di innovazione e arte di Jobs hanno plasmato il futuro rendendo la tecnologia un elemento fondamentale della vita quotidiana. Intanto il viaggio verso l’integrazione sempre più spinta proseguiva. Internet, nato per scopi accademici e militari, si trasformò nella spina dorsale digitale del pianeta, eliminando le barriere geografiche e ridefinendo il concetto di comunicazione. Seguì la trasformazione dello shopping in un’esperienza virtuale senza soluzione di continuità, preconizzando un mondo in cui i bisogni dei consumatori venivano anticipati e soddisfatti con una precisione quasi magica. Lo smartphone divenne rapidamente l’acceleratore verso l’universo digitale, il portale per un cosmo di informazioni apparentemente senza confini, sempre disponibili. La tecnologia era divenuta l’indispensabile estensione di noi stessi. Offrendo interazioni dirette, immediate, continue ha modificato la relazione tra noi, tempo ed eventi, intrecciando i confini della conoscenza e dell’informazione fino a confonderne i rispettivi significati e ruoli.
In questo contesto si inserisce Neuralink di Elon Musk anzi, il suo racconto, perché di questo finora si tratta. Con l’immagine di poter cambiare integralmente, rapidamente e senza fatica le cose Neuralink ha trovato un grande ascolto dai mercati raccogliendo oltre 320 milioni di dollari di «capitali di ventura». Fondi che raccolgono la liquidità di istituti finanziari, fondazioni bancarie e assicurative, enti pubblici e previdenziali che vogliono diversificare gli investimenti in operazioni a elevato rischio di fallimento ma potenziale enorme guadagno. Un’opportunità impossibile per qualunque istituzione accademica di ricerca. Neuralink, con l’approvazione di FDA, ha impiantato un sistema di elettrodi per connettere il cervello di un individuo con l’esterno. I dettagli sono ignoti ma la notizia è dilagata affascinando il mondo della rete. Basta il racconto che qualcosa di magico stia per avvenire, che i malati siano curati e i sani si interfaccino con l’ambiente in modo ancora più intenso fino a diventarne parte. Cervelli che comunicano tra loro. Un mondo senza confini, intermediari, ostacoli verso una nuova autentica libertà. KITT senza bisogno di un’auto. Internet senza un supporto fisico. Un’emozione collettiva che dilaga, surfando sulle onde dell’informazione non tanto lontana quanto ignara della conoscenza. Il solco si amplia sempre di più.
Straordinarie dimostrazioni di efficacia dell’interfaccia cervello-computer erano già descritte nelle più prestigiose riviste scientifiche del mondo. Scienziati dell’Università di San Francisco hanno ripristinato velocità ed espressività di comunicazione utilizzando un sistema che invia segnali dalla superficie del cervello a un avatar dotato di intelligenza artificiale che si auto-addestra mentre la persona che ha perso capacità di parlare per un ictus pensa delle frasi. Il sistema riproduce circa 80 parole al minuto; quando parliamo con un amico ne usiamo poco più di 100. Gli scienziati svizzeri di NeuroRestore hanno sviluppato un sistema che consente a persone paralizzate per lesioni del midollo spinale di controllare il cammino attraverso il pensiero. Queste scoperte, frutto di anni di ricerche condivise con la comunità scientifica, sono state divulgate al pubblico attraverso canali social usando le stesse semplici parole di Musk. Eppure, non hanno sollevato un’analoga onda emotiva né un simile interessamento dei mercati. Dovremmo domandarci perché. Musk ha cripticamente riferito di «promettenti segnali neuronali». Ipnotizzati dal racconto, non abbiamo bisogno di domande. Le risposte sono nella fiducia dei mercati. Iconico, propone il sogno di un umanesimo assoluto, mistico, oltre l’ambizione della cura, lontano dal pensiero critico di Max Weber che la scienza non offre né salvezza né profeti. Non ne ha bisogno perché non si rivolge alla scienza. Un tradimento della visione del «Whole Earth Catalog», un po’ hippy ma radicata all’idea che l’umanità dovesse nutrirsi di conoscenza, non di suggestioni.
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