Last week Obama returned to Latin America to launch a particular message. The U.S. president pressed on until relations with the Central American countries, characterized by the violence correlated with drug dealing and organized crime, pointed more toward economic development and less toward the never-ending battle against drug traffickers.
Obama arrived for a two-day visit to Mexico, determined more than ever to support the reduction of the military approach in the fight against drug trafficking; for too long, it has created an escalation of violence in the territory. The countries south of America, Mexico in particular, need to set new internal security rules — and, most of all, be able to enforce them. This new approach of collaboration runs the risk of seeming to bow down to the governments of the south, who in this moment are more occupied with maintaining a positive public image than with addressing problems and issues that could dirty it. Many political leaders in Central American insist, therefore, that Obama keep his eyes open to border security issues, but place the emphasis on their new image in phase of development.
The new Mexican president, Enrique Peña Nieto, came into office last December with the promise of reducing the exploding violence of previous years, brought on by the military approach to the fight against drug trafficking adopted by his predecessor, Felipe Calderón. His initiative caused the death of 60,000 people in Mexico and does not seem to have significantly damaged the drug-trafficking industry. In addition to his desire to reduce violence that some critics have interpreted as a softening on the criminality connected to drugs, Peña Nieto has pushed the U.S. to be less involved in the reinforcement process. With this friction and distrust between the U.S. and Mexico, Obama has affirmed that the U.S. will commit to no longer dominating the security agenda that concerns this country.
“It is obviously up to the Mexican people to determine their security structures and how it engages with the other nations — including the United States,” he affirmed, sitting next to Peña Nieto last Thursday during his visit to Mexico City. “But the main point I made to the president is that we support the Mexican government’s focus on reducing violence, and we look forward to continuing our good cooperation in any way that the Mexican government deems appropriate.” However, many have seen in these last developments an enthusiastic and engaged Mexico emphasizing its economic growth while downplaying its problems related to crime, to the point of encouraging local media to avoid mentioning that world.
“The problem will not just go away,” said Michael Shifter, president of the Inter-American Dialogue. “It needs to be tackled head-on, with a comprehensive strategy that includes but goes beyond stimulating economic growth and alleviating poverty.” In some way, having “conceded” to Mexico the internal security leadership and the reduction of violence in the fight against drug trafficking reduces some principles of Obama’s foreign policy, in which American supremacy yields in favor of a multilateral approach. This new opening by Obama could collide with the worries of the Washington legislators who have already expressed their frustration surrounding the president’s lack of clarity on security plans in Mexico. The analysts have affirmed that the intricate corruption that characterizes Mexico, particularly its legal system, has been primarily responsible for blurring the partnership with the United States.
To place the border security problem in Mexico's hands also means a change in the balance of power and risking other areas, seeing that Congress is currently discussing immigration reform that will include, among other things, a reinforcement of border security. And given that in the U.S. Congress there is a perception that the security cooperation is weakening, this could be one more reason for opponents of the reform to vote against it. While the debate in the U.S. is focusing on reinforcing border security and the path to facilitating citizenship, Obama and Peña Nieto cautiously faced these subjects in Mexico City during their Thursday encounter, perfectly understanding the weight their comments would have had on the populations of the countries they represent.
There are many doubts and questions following the meeting. First of all, one wonders how Mexicans will face the reinforcement of border security. Will they perhaps consider it a price to pay for the immigration law to change? The main question seems to be the mutual respect of both governments; Mexico and the U.S. have publicly declared that they will work to reinforce security on both sides of the border, but at the same time to resolve problems relating to the autonomy of their territories. Going back to drug trafficking, therefore, it seems the U.S. considers this to be a question connected to domestic policy in South America. Peña Nieto emphasized this encounter and Obama’s words, asking the U.S. government to wish Mexico “good luck” when it comes to reducing violence in the fight against drug trafficking and securing the borders. The Mexican leader seems decided to go along this road, though with the U.S. watching by his side.
La scorsa settimana Obama è tornato in America Latina per lanciare stavolta, un messaggio particolare. Il presidente USA ha spinto affinché le relazioni con i paesi del Sud America, caratterizzati dalla violenza legata allo spaccio di droga e del crimine organizzato, puntino da adesso in poi di più sullo sviluppo economico e meno, sulla battaglia senza fine combattuta da anni contro i trafficanti.
Obama è arrivato per una visita di due giorni in Messico, determinato più che mai ad appoggiare la riduzione dell’approccio militare alla lotta al narcotraffico che da troppo tempo ha creato una escalation di violenza sul territorio. I paesi del Sud America, in particolare il Messico, hanno bisogno di fissare nuove regole di sicurezza interne, e soprattutto, riuscire a farle rispettare. Questo nuovo approccio di collaborazione, corre il rischio di sembrare però un prostrarsi ai governi del “sud” che in questo momento sono più occupati a mantenere una immagine pubblica positiva, piuttosto che di sottolineare, problemi e questioni che possano sporcarla. Molti leader politici del Sud America insistono quindi, affinché Obama tenga gli occhi aperti sulla sicurezza dei confini, ma pongono l’enfasi sulla loro nuova immagine in via di sviluppo.
Il nuovo presidente messicano, Enrique Peña Nieto, è subentrato lo scorso dicembre con la promessa di ridurre la violenza esplosa anni fa, dall’approccio militare alla lotta contro il traffico di droga, adottato dal suo predecessore, Felipe Calderón. L’iniziativa dell’ex presidente, ha provocato la morte di 60,000 persone in Messico e non sembra, per contro, aver danneggiato significativamente l’industria del narco-traffico. In aggiunta alla volontà di ridurre la violenza, che alcuni critici hanno interpretato come un ammorbidimento sulla criminalità legata alle droghe, Peña Nieto ha anche spinto affinché l’America sia meno coinvolta nel processo di rafforzamento del confine a Sud del Paese. Con questo attrito e diffidenza tra America e Messico, Obama ha affermato, che gli USA s’impegneranno a non dominare più l’agenda di sicurezza che riguarda questo paese. «Sta ai messicani determinare le loro strutture di sicurezza e come coinvolgeranno le altre nazioni, inclusi gli USA», ha affermato, seduto di fianco a Peña Nieto lo scorso giovedì durante la sua visita a Città del Messico. «La questione principale che ho posto all’attenzione del presidente, è che noi appoggiamo il focus del governo messicano del voler ridurre la violenza e guardiamo avanti per continuare una buona cooperazione, in qualsiasi modo il governo messicano crede sia appropriato».
Molti però in questi ultimi sviluppi hanno visto il Messico entusiasta ed impegnato ad enfatizzare la sua crescita economica e contemporaneamente smontare i suoi problemi legati al crimine, arrivando al punto, di incoraggiare i media locali ad evitare di enunciare parole legate a quel mondo. «Il problema non andrà via così facilmente», ha dichiarato Michael Shifter, presidente dell’organizzazione Inter-American Dialogue. «Deve essere affrontato di petto, con una strategia onnicomprensiva che includa ma vada anche oltre lo stimolare l’economia e alleviare la povertà» ha poi commentato. In qualche modo, aver “concesso” al Messico la leadership della sicurezza interna e della riduzione della violenza della lotta al narcotraffico abbatte in parte alcuni principi della politica estera di Obama, in cui cioè la supremazia americana è messa in secondo piano a favore invece, di un approccio multilaterale. Questa nuova apertura di Obama potrebbe collidere con le preoccupazioni dei legislatori di Washington che hanno già espresso la loro frustrazione circa la poca chiarezza del presidente, sui piani di sicurezza in Messico. Gli analisti hanno affermato che la intricata corruzione che caratterizza il Messico e soprattutto il suo sistema legale, è stata la motivazione principale che ha annebbiato la partnership con gli Stati Uniti.
Mettere il problema della sicurezza dei confini in mano al Messico può voler dire un cambiamento anche negli equilibri di potere ed un mettere a rischio anche altri ambiti, visto che in Congresso si sta discutendo in questo periodo la legge sull’immigrazione che prevederà proprio, tra le altre cose, un rafforzamento della sicurezza ai confini. E dato che nel Congresso statunitense c’è una minima percezione che la cooperazione sulla sicurezza si sta indebolendo, questo potrebbe essere un motivo in più per gli oppositori della riforma a votare contro. Mentre il dibattito negli USA quindi si sta focalizzando sul rafforzamento della sicurezza sui confini e sul percorso che faciliti la cittadinanza, Obama e Peña Nieto hanno cautamente affrontato questi argomenti a Città del Messico durante il loro incontro di giovedì, rendendosi perfettamente conto del peso che avrebbero avuto i loro commenti sulle popolazioni di entrambi i paesi che rappresentano.
Molti sono i dubbi e le questioni che avanzano dopo il meeting. Innanzitutto ci si chiede come i messicani affronteranno il rafforzamento della sicurezza sui confini. Lo considereranno forse un prezzo da pagare perché la legge sulla immigrazione cambi? La questione principale sembra essere il rispetto reciproco di entrambi i governi, Messico ed USA hanno dichiarato pubblicamente che si impegneranno a rafforzare la sicurezza dei loro confini, ma allo stesso tempo che risolveranno i problemi legati ai loro territori autonomamente. Per tornare al narcotraffico dunque, sembra che gli USA la considerino ormai una questione legata alla politica domestica del Sud America. Peña Nieto ha poi enfatizzato questo incontro e le parole di Obama, pregando il governo americano di fare al Messico un particolare “in bocca al lupo” per la questione della riduzione della violenza nella lotta al narcotraffico e della sicurezza dei confini. Il leader messicano sembra deciso ad andare per la sua strada, con gli USA però a vigilare al suo fianco.
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This isn't a moment for partisanship. It's also not a moment for division. And it’s certainly not a moment to cherry-pick which incidents of political violence count and which do not.
The Department of War's aggressive name, while doing nothing to change the actual state of the U.S. military, is nothing more than “pretense of power” theatrics.