Quando arriverà l’ambasciatore Usa? Soltanto in autunno, forse
Donald Trump, in carica dal 21 gennaio, non ha ancora trovato il tempo di nominare il numero uno della rappresentanza diplomatica americana in Italia
L’Independence Day sarà celebrato anche quest’anno nei giardini di Villa Taverna, ma a fare il padrone di casa non ci sarà l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia. Per il semplice motivo che Donald Trump, in carica dal 21 gennaio, non ha ancora trovato il tempo di nominarlo. Evitiamo di strapparci le vesti: il ritardo nella nomina dei nuovi ambasciatori americani riguarda molte capitali, e va inquadrato nella confusione che tenacemente accompagna la nuova Amministrazione statunitense. Peraltro Kelly Degnan svolge egregiamente, nell’attesa, il suo compito di Chargé d’affaires a Palazzo Margherita. Eppure la mancata nomina di alcuni ambasciatori destinati a sedi europee (per Roma si è parlato di Lew Eisenberg) dice molto sul non travolgente interesse di Trump verso queste sedi, e anche sui suoi parametri di giudizio.
Che tra Washington e l’Europa esistano problemi che mai prima si erano manifestati in forma tanto acuta, è cosa nota e comprovata. Ma all’interno del reciproco disagio (così direbbe l’ambasciatore che non c’è) una graduatoria rimane. Trump ha abbracciato per prima la Gran Bretagna, in ossequio ai tradizionali rapporti speciali ma anche perché, malignamente verso la Ue, ne apprezzava la Brexit. Poi Theresa May ha sbagliato quasi tutto, e oggi la visita del Presidente Usa è in forse. Seconda è la Germania, non solo per il suo ovvio peso specifico ma perché con Berlino c’è da litigare conti alla mano: sull’interscambio commerciale, sui contributi Nato, sulle sanzioni al North Stream, tutte cose che pesano. Segue la Francia, perché è la spalla della Germania e poi quel Macron sembra capace di tutto. Tocca all’Italia? Probabile. Anche noi abbiamo un surplus commerciale con gli Usa, anche noi dobbiamo dare di più alla Nato. Ma siamo generosi con le basi militari come con le promesse, e in Vaticano c’è un Papa che conta. Quando ci meriteremo un ambasciatore? In autunno, forse.
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