The Climate Challenge

<--

Sia Obama che McCain hanno messo l’ambiente tra le priorità. Ma con proposte diverse e deboli

Obama e McCain in un dibattito televisivo Era tempo che accadesse: pare proprio che gli Stati Uniti avranno finalmente un presidente che prenderà sul serio la questione del cambiamento del clima, tanto da passare concretamente all’azione. A meno di qualche tragico evento o di malattia, a novembre sarà eletto presidente o Barack Obama o John McCain. A differenza dell’amministrazione George Bush-Dick Cheney degli ultimi otto anni, la presidenza McCain o la presidenza Obama con ogni probabilità darà grande rilievo al cambiamento del clima, lo considererà una minaccia ad alta priorità. In passato sia Obama, il candidato democratico, sia McCain, il candidato repubblicano, sono stati in prima linea su questo fronte, anche se la strategia di Obama in materia di cambiamento climatico è molto più ambiziosa di quella di McCain e gode di forte sostegno tra gli ambientalisti statunitensi.

Obama è favorevole a ciò che l’Intergovernmental Panel on Climate Change ritiene essere indispensabile per scongiurare un catastrofico cambiamento del clima: tagliare dell’80 per cento le emissioni di gas serra globali entro il 2050. Per realizzare questo ambizioso risultato, Obama avrebbe intenzione di far entrare in vigore il sistema cosiddetto ‘cap and trade’ (permessi di emissione negoziabili), in virtù del quale il governo venderebbe alle corporation statunitensi i permessi per emettere gas serra, investendo gli utili da ciò derivanti nello sviluppo di energie ecosostenibili e in benefici per gli americani colpiti nel portafoglio dagli onerosi costi energetici. Oltre a ciò, Obama è favorevole a “un aumento molto più aggressivo degli standard di risparmio di carburante (per gli autoveicoli) e a uno standard che renderebbe vincolante il ricorso alle energie rinnovabili nella misura del 25 per cento entro il 2025”, ha detto Gene Karpinski, direttore esecutivo della League of Conservation Voters, il più importante gruppo ambientalista statunitense che ha scelto di sostenere Obama.

McCain si colloca in una posizione migliore rispetto al resto del suo partito sul tema ambientale, ma non si spinge lontano quanto Obama. Dice infatti di voler ottenere entro il 2050 un taglio delle emissioni di gas serra del 60 per cento soltanto, ma il vero problema è che difficilmente le sue politiche potranno assicurare riduzioni di questa portata. Il sistema cap-and-trade proposto da McCain assegnerebbe gratuitamente la maggior parte dei permessi per le emissioni, scelta che gli ambientalisti criticano, considerandola una concessione alle corporation che ridurrebbe di fatto la spinta a diminuire l’inquinamento. McCain si dice favorevole anche a un potenziamento delle esplorazioni dei giacimenti di petrolio e alla costruzione di decine di impianti nucleari, mentre Obama non condivide queste proposte.

In pratica, Obama e McCain sono entrambi molto più indietro rispetto all’ex vicepresidente Al Gore, l’uomo che secondo molti doveva essere presidente. In un suo importante discorso, a luglio, Gore ha fissato i paletti di riferimento di quella che dovrebbe essere la politica Usa sul clima, ovvero ciò che si deve fare per scongiurare la catastrofe climatica. Proprio come il presidente John F. Kennedy nel 1961 assicurò che gli Stati Uniti si sarebbero impegnati per sbarcare sulla Luna entro dieci anni, così Gore ha esortato il prossimo presidente a impegnarsi per rendere il fabbisogno energetico americano al 100 per cento affrancato dall’uso di combustibili fossili entro i prossimi dieci anni.

Gli ostacoli tecnologici che si frappongono alla realizzazione di un approvvigionamento energetico a impatto zero di anidride carbonica possono essere superati con investimenti mirati – così sostiene Gore – che a loro volta renderebbero l’economia più forte, non più debole. Se il genere umano deve poter avere una chance di sopravvivere al cambiamento del clima globale,il prossimo presidente degli Stati Uniti dovrà farsi promotore di un approccio pressoché rivoluzionario al problema. Nel suo discorso, Gore ha escluso di voler prestare servizio in una futura amministrazione Obama, e ha sostenuto che è suo compito “creare lo spazio politico” nel quale tutti i leader possano fare la cosa giusta in relazione al cambiamento del clima. Come era prevedibile, l’establishment politico e mediatico americano ha liquidato come “audace, ma irrealistico” il discorso di Gore, come ha riportato il ‘Time’.

Il discorso di Gore parrebbe un’ovvia apertura a Obama, che ha basato la sua intera campagna elettorale per la presidenza sul potere della gente comune di innescare un cambiamento concreto. Lo slogan della sua campagna è ‘Yes, we can’, sì, possiamo. Ciò nondimeno, Obama riuscirà davvero, se eletto, a tradurre queste parole in realtà? Egli è noto per essere un ostinato negoziatore di compromessi e indubbiamente saper trovare dei compromessi è una dote indispensabile al buon politico. Obama dovrebbe tuttavia ricordare una cosa: diversamente dagli uomini politici, la Terra non può fare compromessi.

About this publication