NEW YORK – «È una devastazione straordinaria, le perdite umane spezzano il cuore». Barack Obama lancia al popolo di Haiti una promessa solenne: «L’ America avrà per voi un impegno costante, nella corsa immediata per salvare vite, e nel lungo termine per la ricostruzione». Nella tragedia l’ isola distrutta diventa per ragioni umanitarie il 51esimo Stato dell’ Unione, con una mobilitazione militare eccezionale Washington garantisce che 10.000 soldati Usa presidieranno le vie di Port-au-Prince entro lunedì. E oggi arriverà sull’ isola il segretario di Stato Hillary Clinton. Quando prende la parola in diretta tv da Washington, Obama ha un quadro drammatico della situazione: i ritardi nell’ istradare gli aiuti sono già intollerabili. La sua sceltaè fatta, deve prendere in mano l’ intera zona. Ha deciso che Haiti sarà la prova che gli Stati Uniti tornano ad avere una politica estera dalla dimensione etica, ha colto l’ occasione per mostrare ai latinoamericani il volto amico della potenza militare. Ha capito che questa sciagura può diventare anche un simbolico riscatto verso i neri dopo la vergogna dell’ uragano Katrina a New Orleans. Obama raccoglie il disperato appello del segretario dell’ Onu Ban Ki-Moon, che poche ore prima lo ha chiamato implorando: «Ci vogliono più forze di polizia per controllare la situazione». L’ emergenza umanitaria viene esasperata per l’ assenza di uno Stato, la latitanza secolare delle forze dell’ ordine, il rischio di un caos violento che solo le forze armate americane possono tentare di contrastare. Obama si assume un compito immenso: «La nostra nazione ha una responsabilità storica e una capacità unica di portare aiuto immediato. Per la vicinanza il popolo di Haiti è parte della nostra famiglia. Faremo tutto il necessario per aiutarli a risollevarsi». Il presidente elenca le risorse già dispiegate o in arrivo. La portaerei Carl Vinson ha gettato l’ àncora al largo di Haiti, ed è iniziato un viavai incessante di elicotteri che portano sulla terraferma cibo, acqua, medicinali. Le truppe scelte dell’ 82esima divisione aviotrasportata occupano l’ aeroporto di Port-au-Prince dove il traffico, per decisione del governo haitiano, è sotto controllo americano. Altri soldati Usa sono in arrivo attraverso un ponte aereo di cargo C-130 e C-17 dalla base di Fort Bragg. La nave anfibia d’ assalto Bataan è in avvicinamento con 2.200 marines. La nave-ospedale Comfort è in arrivo da Baltimora, cona bordo 12 blocchi operatori e 250 medici. È una duplice lotta contro il tempo: ricostruire le infrastrutture minime per l’ accesso e la distribuzione dei soccorsi; e insieme costruire ciò che Haiti non ha mai avuto, una garanzia di ordine e rispetto della legge, un embrione di Stato che faccia muro contro i saccheggi e le razzìe, un’ operazione che a questo punto può avvenire solo sotto la bandiera a stelle e strisce. Ed è una sfida bi-partisan in cui Obama si garantisce l’ aiuto di due predecessori: oggi riceverà George Bush e Bill Clinton, ambasciatori per il coordinamento degli aiuti. E lo slancio di Obama consente, almeno nell’ emergenza, uno storico disgelo con Cuba. Il governo dell’ Havana ieri ha dato il via libera al sorvolo dei suoi cieli da parte dell’ aviazione Usa. Un gesto che consente una preziosa scorciatoia per sfollare una parte dei feriti e profughi nella base di Guantanamo e verso gli ospedali della Florida. – DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI
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