LA FIGLIA balla, la mamma ruggisce, la cognata spettegola in Rete. La possibile, futura “Prima Famiglia” d’America che tanto piace alla destra del tè pura e dura diventa un reality show per spettatori-elettori dalla bocca buona. La banda dei Palin, guidati dalla 46enne matriarca che lancia il suo primo tv reality (“Sarah Palin’s Alaska” è stato visto da 5 milioni di americani), mentre la figlia Bristol danza fra le stelle in minigonna di pizzo e la “quasi” cognata, la sorella del primitivo liceale che mise incinta Bristol, parla male di tutti. Se questo sarà il dopo Obama nel 2012, come non è affatto impossibile che sia, ci sarebbe da rimpiangere i Bush.
Lo show della “Grande Sorella”, perché in questa tribù dell’Alaska bianca sono evidentemente le donne a menare la danza con gli uomini relegati a comparse con stivaloni, ascia, slitte, cani, bistecche per la griglia e occasionali necessità procreatrici, cerca di occupare il fondo più rustico dell’opinione pubblica e di catturare quel rigurgito di rabbia, di ansia e di xenofobia che scalda l’acqua sotto il partito del tè. Della nuova virulenta, ma forte minoranza di protestatari anti-Stato, Sarah, “Mama Grizzlie”, la profetessa di quelle che si fanno chiamare come lei le “mamme orse”, spaccia un lungo e stucchevole spottone per una rete via cavo marginale, il Tlc (The Learnig Channel) prodotto dal creatore del reality “Survivor” per un documentario sulla sua magnifica Alaska.
Talmente infantile e sfacciato è il suo manifesto ideologico dietro le finte scalate di roccia, gli accampamenti con gli huskie e i malamud, i cani da traino e il barbecue con il marito fuco di fronte al tramonto sull’oceano, da essere potenzialmente efficace. Nessuno, spiegava P. T. Barnum, ha mai fatto bancarotta puntando sulla credulità e la stupidità del pubblico. Sarah, che non esitò a esibire ignobilmente al Congresso Repubblicano di due anni or sono il figlio più piccolo, Trig, un bebè portatore di Down. La figlia sbadatella, Bristol, che dimenticò le prediche materne sulla castità e rimase incinta. E ora, per così dire, danza, dopo che il fidanzato-padre è prontamente fuggito ai piedi dell’altare prima del sì. Nello show delle stelle, la diciottenne aveva cristianamente esordito, per tenere buona la base devotamente militante della sua mamma, in una sorta di abito clergy, giacca e calzoni neri su scarpe basse nere, camicia bianca con collarino. Ma già alla seconda apparizione, gettata la modestia nel falò dello share, sculettò empiamente in vestitini corti e attillati, orli di pizzo “ti vedo e non vedo” (ti vedo, ti vedo) e generose agitazioni dei suoi non trascurabili accessori. Ma dal frullatore di Internet, Mercede, la mancata cognata eppure ancora zia, lancia, da un blog infestato di cuoricini, orsetti, farfalline in sintonia con la mistica da regressione infantile delle “orsacchiotte”, accuse a Bristol di essere una strega e una bisbetica senza cuore.
Una nazione attonita e ovviamente divisa, con il 52% degli americani che considera la Palin con la sua tribù di orse da elezioni come un obbrobrio e un 40% che la adora, osserva la resistibile ascesa di una donna che cerca di essere la rappresentazione di chi non sa quello vuole, ma sa che cosa non vuole: le tasse, gli stranieri, Obama e i democratici.
La Lega di Nord, come più Nord non ci potrebbe essere. La Palin, la sua cinguettante ignoranza, la sua civettuola egolatria sono aborrite dai repubblicani tradizionali, che ricordano le ignobili figure da lei fatte nelle interviste (“dalla mia casa vedo la Russia”, disse, senza avere idea di dove fosse la Russia e quanto distasse dalla sua casa) conoscono il suo dilettantismo, ma ammettono l’appeal che lei esercita su un pubblico non molto diverso da lei. Il 65% del suo elettorato è fatto di donne senza istruzione e senza rispetto di loro stesse, succubi di reality e di amarezze quotidiane.
La prima edizione di “Alaska”, lo spot elettorale mimetizzato da docu-reality, non è andata bene. Anche gli scodinzolii della figlia che l’ha resa, involontariamente, nonna, non hanno attratto molti spettatori, nella concorrenza diretta con altri reality sulle “casalinghe frustrate”, gli show del momento. I candidati che la Palin aveva appoggiato non sono andati benissimo e due dei suoi massimi pupilli, in Nevada e nel Delaware, hanno perso, nonostante l’onda alta dell’opposizione e dell’odio per Obama, mentre anche in Alaska vincerà una senatrice che lei ha combattuto con ogni smorfia e frullare di ciglia finte.
Ma sottovalutare questa orsacchiotta fintamente bamboleggiante, licenziarla come un’ochetta col rossetto piuttosto che come una belvetta dalle lunghe e ambiziosissima zanne, sarebbe un errore snobistico. I ranger della sua Alaska scongiurano i visitatori di non farsi ingannare mai dall’aria pigra e corpulenta degli orsi e soprattutto delle mamme orse. Ogni anno qualche imprudente campeggiatore finisce sotto i denti di un Grizzlie e il docu-reality-spot di Sarah Palin mostra, con una ovvia metafora, quanto rapidi e feroci sappiano essere questi animali quando individuano la preda. Basta chiederlo ai salmoni dell’Alaska. Agli occhi di Sarah, l’America politica del 2012 sarà tutta popolata di elettori salmoni in fregola suicida.
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