Gli Stati Uniti armeranno l’opposizione libica?
Le pressioni interne su Barack Obama affinché gli Stati Uniti intervengano militarmente accanto agli oppositori libici per abbattere Muhammar Gheddafi non diminuiscono. Anzi, aumentano.
Tre importanti personaggi di Capitol Hill, tre tra i senatori più conosciuti e influenti del Congresso, ovvero John Kerry, il presidente della Commissione Esteri del Senato, John McCain e Mitch McConnel, leader del GOP- hanno chiesto al presidente un’azione militare contro il colonnello libico.
I tre, in diverse interviste televisive hanno parlato esplicitamente della necessità di bombardare gli aeroporti da cui Gheddafi fa alzare in volo i suoi jet militari per colpire gli oppositori. “Non possiamo continuare a vedere il dittatore libico massacrare il suo popolo” – ha detto Mitch McConnell in una intervista a Christiane Amanpour, la famosa anchor-woman della ABC.
Ma, la Casa Bianca non vuole arrivare a un coinvolgimento militare unilaterale degli Usa anche se l’opzione di un intervento armato è sempre sul tavolo del presidente.
E’ stato il capo dello staff della Casa Bianca William M. Daley a ricordare che per ora è ben lontano dall’essere realizzato.
Gli alti ufficiali del Pentagono e lo stesso Segretario alla Difesa Robert Gates avevano fatto notare a Obama che gli Stati Uniti non possono permettersi di aprire un altro fronte di guerra in Medio Oriente, e che anche la creazione di una no- fly zone sui cieli libici sarebbe stato un vero e proprio atto bellico.
Per realizzarla, infatti, gli americani devono prima bombardare le difese aeree libiche. “Che sono efficaci, visto che gliele hanno vendute i russi” – ha detto Daley in una intervista televisiva. “Chi parla con facilità a una soluzione del genere, pensa di essere in un videogame” – ha chiosato il braccio destro di Barack Obama.
La Casa Bianca vorrebbe avere l’avvallo internazionale per la creazione della no-fly zone, ma Russia, Cina (che hanno il potere di veto in Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite) e la Lega Araba si sono dette contrarie. Per ora, quindi questa strada sembra sbarrata.
L’amministrazione però non vuole correre il rischio che Muhammar Gheddafi possa riprendere il controllo del Paese (possibilità remota) o che la guerra civile libica vada avanti per molto tempo, provocando una situazione di instabilità nella regione (possibilità molto più concreta).
Per evitare questi due scenari, l’amministrazione Usa sa che deve aiutare militarmente gli insorti a sconfiggere le truppe di Gheddafi. Stephen Hadley, ex membro del Consiglio per la Sicurezza Nazionale ai tempi di George W. Bush, ha lanciato un’idea: mandare armi agli insorti, facendole arrivare nell’aeroporto di Bengasi.
Una opzione alla quale, secondo il quotidiano The Independent, la Casa Bianca avrebbe già pensato. L’idea però è quella di non fornirle direttamente (per evitare ripercussioni politiche), ma di farle arrivare da un Paese terzo: l’Arabia Saudita.
Secondo la ricostruzione di Robert Fisk, l’Amministrazione avrebbe già chiesto a Riad di inviare armi pesanti agli insorti venerdì scorso, ma le autorità saudite avrebbero preso tempo (anche) perché impegnate nel giorno della rabbia della minoranza sciita.
Se Re Abdullah (che ha un vecchio conto in sospeso con Gheddafi) dovesse dare il segnale verde, le prime consegne potrebbero essere effettuate nel giro di pochi giorni. L’opposizione ha bisogno di armi anticarro e antiaereo per evitare che la controffensiva di Gheddafi possa risultare vincente.
Per la Casa Bianca, che vuole la caduta del Colonnello, sarebbe la prima importante mossa per uscire dallo stallo politico-militare della situazione libica.
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