Race Against Time to Reach an Agreement on the Budget

Published in Il Sole 24 Ore
(Italy) on 7 April 2011
by Marco Valsania (link to originallink to original)
Translated from by Lorel Wilhelm-Volpi. Edited by Hoishan Chan.
As expected, the American House of Representatives, with its Republican majority, approved a temporary measure with 247 votes for and 181 votes against to give Congress one more week to reach an agreement on the 2011 budget to avoid a government shutdown and the suspension of basic services. The bridge measure must now pass the Senate, with its Democratic majority (majority leader Harry Reid called the short term solution “a fantasy”) and, if it were to pass, it would go to American President Barack Obama, who has declared his intention to exercise his right to veto. Without a long term agreement by midnight tomorrow, a federal shutdown remains a possible option.

There are many consequences, caused by great risks and difficulties, from late payment of soldiers’ salaries to closed national parks. From nearly 800,000 employees suddenly sent home — and at least two million without a paycheck — to a White House that would have to make do with a skeleton crew to face global crises. But in Washington, the countdown to the shutdown has begun because of the lack of an agreement on the budget between the Republicans and the Democrats — between those who want drastic spending cuts and those who resist them.

The deadline is imminent, tomorrow, Friday, at midnight: either an agreement will be reached or after the weekend America will wake up to a public paralysis. (A few organizations are immune, such as Social Security and health care for the elderly. Also the Federal Reserve, whose resources are not in the budget).

Tensions are through the roof; government departments are preparing for the worst. Late yesterday evening President Barack Obama had a 90-minute meeting with congressional leaders Harry Reid, Democratic senator, and Republican John Boehner, speaker of the House. They came closer but did not reach an agreement. The next day the winds of compromise did not blow still.

Obama expressed optimism for last minute success: “I remain confident that if we're serious about getting something done we should be able to complete a deal and get it passed and avert a shutdown,” he said. Boehner echoed him, “There's an intent on both sides to continue to work together to try to resolve this... no one wants the government to shut down.” Reid, too, said, “I am hopeful that we will be able to announce a compromise agreement soon.”

But there are still differences to overcome: $40 billion in reductions in expenditures for the current year, 2011, for now financed with temporary measures. At least, that is what the Republicans want. Up to now the Democrats have accepted negotiating over no more than $33 billion. There are strong differences about where to cut: the Democrats want to save education and health care.

As if this wasn’t enough, this is actually the first battle of a long war. Items in negotiation one after the other include the 2012 budget, the need to raise the government debt ceiling and the possibility of long term expenses and deficits. In other words, a conflict between big political strategies that could complicate the efforts to reach a compromise: The House Republicans, pushed by a new generation of elected officials from the conservative tea party movement, recently presented an aggressive plan to eliminate nearly $6 trillion in spending in the next 10 years by reductions in health care and tax relief. They believe they can build their identity on this program, leveraging Americans’ anxiety over big government during the years of the financial and economic storm, up to the presidential elections of 2012. In contrast, the Democrats are convinced the opposite is true: Their adversaries’ radical proposals can play to their favor.

Moreover there is a historical precedent: In 1995 a similar budget discussion — Democratic President Bill Clinton and a Republican Congress — brought about the temporary closure of government offices. The hypothesis of a shutdown worries Americans, even if confusion about the responsibility for a new shutdown dominates public opinion: A survey by the Wall Street Journal and NBC found that 37 percent would blame Republicans, 20 percent Democrats and 20 percent Obama. Time will tell if similar pressures are enough to push everyone — White House and congressional leaders — down the path of a last minute compromise.


Negli Usa è corsa contro il tempo per arrivare a un'intesa sul budget ed evitare la paralisi dello Stato
di Marco Valsania
7 aprile 2011

Casa Bianca Washington - Ap
La Camera americana, a maggioranza repubblicana, ha come previsto dato il via libera con 247 voti favorevoli e 181 contrari alla misura provvisoria che darebbe una settimana di tempo in più per trovare un accordo sulla finanziaria 2011, evitando al paralisi del Governo e la sospensione dei servizi di base. Il provvedimento ponte dovra' ora passare al vaglio del Senato a maggioranza democratica (il leader di maggioranza Harry Reid aveva definito «una fantasia» la misura di breve termine) e, qualora superasse lo sbarramento, essere ratificato dal presidente americano Barack Obama, che si è già detto intenzionato a esercitare il proprio diritto di veto. Senza un accordo di lungo termine entro la mezzanotte di domani, la paralisi federale resta un'opzione possibile. (Il Sole 24 Ore-Radiocor)
di Marco Valsania 
Le ripercussioni sono tante, foriere di gravi rischi e di disagi. Dai ritardi nei pagamenti degli stipendi dei soldati, ai parchi nazionali sbarrati. Da quasi 800.000 dipendenti federali improvvisamente lasciati a casa – e in tutto due milioni quantomeno senza stipendio - a una Casa Bianca che dovrà farsi bastare uno staff scheletrico per affrontare le crisi globali. Ma a Washington è cominciato il conto alla rovescia verso lo "shutdown", la chiusura del governo federale per mancanza di un accordo sul bilancio dello Stato tra repubblicani e democratici – tra chi chiede drastici tagli alla spesa e chi li resiste.


La scadenza è ormai imminente, domani, venerdì, alla mezzanotte: o l'accordo sarà stato raggiunto o, altrimenti, dopo il weekend, l'America si sveglierà nel mezzo di una paralisi pubblica. (Pochi gli organismi immuni, oltre a servizi considerati essenziali quali pensioni e sanità per gli anziani: su tutti la Federal Reserve, le cui risorse sono extra budget).
La tensione è così alle stelle: i ministeri si stanno preparando al peggio. Nella tarda serata di ieri il presidente Barack Obama e i leader del Congresso – il senatore democratico Harry Reid e lo speaker repubblicano della Camera John Boehner – si sono visti per 90 minuiti. Le posizioni si sono avvicinate, ma nessun accordo. Né la notte ha portato miglior consiglio: il vento del compromesso non ha soffiato neppure questa mattina con successo.
Obama ha sfoggiato ottimismo per un successo in extremis: «Ho fiducia che se siamo seri nel voler risolvere il problema saremo capaci di completare un accordo e evitare la paralisi», ha detto. Gli ha fatto eco Boehner: «C'è volonta da entrambe le parti di trattare». E anche Reid: «Ho la speranza che potremo presto annunciare un'intesa».
Ma le differenze restano da superare: 40 miliardi di dollari di riduzioni di spesa per l'anno in corso, il 2011, finora finanziato con misure straordinarie. Tanto vogliono i repubblicani. Finora invece i democratici hanno accettato di parlare di non oltre 33 miliardi. Forti contrasti ci sono poi su dove tagliare: i democratici vogliono salvare istruzione e sanità.
Non basta: questa è in realtà anche la prima grande battaglia di una lunga guerra. In discussione, in rapida successione, ci sarà il bilancio per il 2012, la necessità di alzare il tetto massimo di indebitamento del Governo e le prospettive di spesa e deficit di più lungo periodo. Insomma uno scontro tra grandi strategie politiche che potrebbe complicare gli sforzi di raggiungere compromessi: i repubblicani alla Camera, spinti da una nuova generazione di deputati eletti dal movimento conservatore dei Tea Party, hanno presentato nei giorni scorsi un aggressivo piano per eliminare quasi seimila miliardi di dollari di spesa nell'arco dei prossimi dieci anni, a colpi di riorganizzazioni della sanità e sgravi fiscali. Su questo programma credono di poter costruire la loro identità, facendo leva sul nervosismo degli americani davanti al troppo Governo degli anni della bufera finanziaria ed economica, fin dalle elezioni presidenziali del 2012. I democratici sono invece convinti dell'opposto: che le proposte radicali degli avversari possano giocare a loro favore.
C'è inoltre un precedente storico: nel 1995 un simile scontro di bilancio – presidente democratico, Bill Clinton, e parlamento era in mani repubblicane – portò alla temporanea chiusura degli uffici pubblici. L'ipotesi della paralisi preoccupa gli americani, anche se la confusione sulle responsabilità di una nuova paralisi oggi regna nella stessa opinione pubblica: un sondaggio del Wall Street Journal e della Nbc ha trovato che il 37% criticherebbe i repubblicani, il 20% i democratici e il 20% Obama. Rimane da vedere se simili pressioni basteranno a spingere tutti - Casa Bianca e leader parlamentari - sulla strada di un accordo dell'ultima ora.
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