Palestine and Gingrich’s Ignorance

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La Palestina e l’ignoranza di Gingrich

Mi hanno detto che Newt Gingrich, candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, è uno storico di formazione più ampia rispetto alla media dei membri del Congresso e del Senato statunitense. Se questo è vero allora le sue affermazioni durante un’intervista a un canale televisivo ebraico americano – sul fatto che il popolo palestinese sia «inventato» e che i confini del ‘67 non sarebbero difendibili – lo rendono sospetto di ignoranza storica e di superficialità politica.

Gingrich dice che non è mai esistito uno stato palestinese e che la Palestina faceva parte dell’Impero Ottomano fino all’occupazione britannica. Anche gli Stati Uniti d’America non erano una nazione prima del 1779 bensì una colonia dell’impero britannico nel Nord America. Questo implica forse che i residenti di quei territori non avessero diritto di fondare un loro stato indipendente? Lo stesso si può dire di decine di stati fondati durante l’ultimo secolo da popoli che erano parte di vasti imperi quali quello britannico, quello francese o persino quello austro-ungarico. Ed era diritto degli abitanti della ex Cecoslovacchia di dividersi in due stati – la Repubblica Ceca e la Slovacchia – in base a una ripartizione territoriale. È infatti il territorio a stabilire la realtà dei suoi abitanti, sia che essi si definiscano un popolo a sé, o parte di una popolazione più ampia.

Palestina è un nome antico che risale all’epoca romana ed è chiaro che i residenti di questa regione siano autorizzati a definirsi «palestinesi» e, in quanto tali, possano decidere se far parte di un Paese arabo o avere uno stato indipendente che mantenga legami e affinità culturali e religiosi con la grande nazione araba.

Come può il signor Gingrich sostenere che i palestinesi e lo stato palestinese siano «inventati»? Il 29 novembre 1947 il rappresentante degli Stati Uniti, insieme con la maggior parte del mondo libero e dei paesi appartenenti al blocco sovietico, votò a favore della spartizione della Palestina in due stati, uno ebraico e uno arabo. Lo stato ebraico si chiama oggi Israele e quello arabo che sorgerà si chiamerà Palestina. Con che diritto il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti afferma che questa decisione non è valida o è un’invenzione?

La superficialità del signor Gingrich si fa evidente quando afferma che i confini del ‘67 non sono difendibili. Se avesse studiato bene la mappa di Israele, o della Palestina, avrebbe visto che l’ampiezza del futuro stato palestinese, la cosiddetta Cisgiordania, o Giudea e Samaria, è di circa 60 chilometri in base ai confini del ‘67. Se Israele spingesse i suoi confini dieci chilometri più a Est riuscirebbe a proteggersi meglio dal lancio di missili o da tiri di artiglieria? La difesa di Israele dipende forse dall’annessione di qualche chilometro quadrato di territorio palestinese in cui ora Israele stipa coloni ebrei? O dipende in primo luogo dai rapporti di pace e di fiducia che riuscirà a stabilire con i palestinesi e dalla demilitarizzazione di ogni arma offensiva nel loro territorio sotto stretto controllo internazionale?

E anche se il signor Gingrich nega la creazione di uno stato palestinese cosa ne pensa dei milioni di palestinesi che vivono in Giudea e Samaria? Può una persona cresciuta in base ai valori democratici del suo Paese permettere che milioni di altre persone siano private dei diritti civili e del diritto di voto nella propria madrepatria come lo sono oggi?

Quando uno dei principali candidati alla presidenza degli Stati Uniti rilascia dichiarazioni talmente irresponsabili per attrarre i voti della comunità ebraica (in gran parte sostenitrice dei democratici) si può capire perché è difficile sperare che gli Usa possano davvero guidare il processo di pace in Medio Oriente e, alla luce di questo, reputare che il ruolo dell’Europa come guida di questo processo diventi sempre più vitale e necessario.

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