Una vittoria storica e insperata ma la polemica andrà avanti
La decisione della Corte suprema degli Stati Uniti di dichiarare “costituzionale” quella parte di riforma sanitaria voluta da Obama sull’obbligo di acquistare una polizza dovrebbe far abbassare i costi dell’assistenza. Una conferma della bontà della riforma che Romney continua ad attaccare e che non è detto che aiuti il presidente a essere rieletto.
NEW YORK – “Oggi non è un vittoria di questa o quella parte politica, oggi ha vinto il popolo americano. Trenta milioni di cittadini sprovvisti di assistenza avranno diritto alle cure mediche”. Barack Obama commenta a caldo, dalla Casa Bianca, la sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti 1che sancisce la costituzionalità della sua riforma sanitaria.
“Non potranno più negare l’assicurazione a vostro figlio perché ha avuto una malattia, come accadeva finora”. E’ davvero una grande, storica vittoria per questo presidente. Tanto più importante, perché quasi insperata. Davvero negli ultimi giorni la Casa Bianca si stava preparando al peggio: la possibilità che la Corte suprema – dove dominano giudici conservatori nominati da presidenti repubblicani – bocciasse per incostituzionalità la riforma sanitaria.
Sarebbe stato un colpo tremendo, un verdetto negativo avrebbe cancellato di fatto la più importante riforma di tutto il primo mandato presidenziale di Obama, un “cantiere” controverso nel quale il presidente aveva speso gran parte del suo capitale politico iniziale.
Si temeva che la Corte, con una interpretazione ‘fondamentalista’ della Costituzione e aderendo strettamente all’idea di Stato minimo dei padri fondatori, potesse cancellare il pilastro della riforma: l’obbligo esteso a
tutta la popolazione (e assortito di aiuti e sussidi per i meno abbienti, nonché gratuità per i poveri) di acquistare un’assistenza sanitaria.
Invece proprio quell’aspetto è stato salvato. Decisivo è stato il Chief Justice, il presidente della Corte John Roberts. Conservatore, ha deciso stavolta di schierarsi con la minoranza dei giudici di nomina democratica. Il suo spostamento è stato una sorpresa per molti osservatori, ed è stato determinante in una Corte dove i giudici di nomina repubblicana prevalgono 5 a 4. Non a caso il “parere dissenziente” ha visto compatti i più conservatori, Scalia, Alito e Thomas: per loro l’universalità obbligatoria della copertura sanitaria resta un’interferenza dello Stato nelle libertà di scelta del cittadino.
Proprio quell’universalità invece ha una logica stringente ed essenziale nell’impianto di Obama. Finché i cittadini possono scegliere se assicurarsi o meno, scatta una “selezione a rovescia” per cui i più giovani e sani si sottraggono alla spesa della polizza, e di conseguenza i costi salgono perché gli assicurati sono concentrati nella popolazione ad alto rischio. L’universalità obbligatoria era indispensabile per poter calmierare i prezzi, imponendo forme di controllo sulle compagnie assicurative, in un sistema che resta dominato dai privati.
E’ storica questa vittoria di Obama, perché la riforma sanitaria era un traguardo inseguito da tanti altri presidenti democratici prima di lui – ultimo Bill Clinton – ma nessuno era riuscito a raggiungerlo. La sua statura “presidenziale” ne esce confermata. Questo non vuol dire che la riforma sanitaria sia un pezzo forte della sua campagna per la rielezione. Questo provvedimento resta abbastanza incompreso, e perciò piuttosto impopolare: molti gli attribuiscono i recenti rincari delle tariffe sulle polizze, che invece appartengono ancora al “vecchio regime” perché il calmiere sui prezzi non è entrato in vigore.
Una trentina di milioni di americani che prima ne erano sprovvisti avranno l’assistenza sanitaria: è una conquista di civiltà, che rende l’America un po’ meno ‘giungla’ e un po’ più simile all’Europa. Ma non tutti sono contenti, Mitt Romney continuerà a promettere l’abrogazione della legge se diventa presidente. E c’è da scommettere che Obama dopo aver cantato vittoria non passerà la maggior parte del suo tempo da qui a novembre a rivangare il tema della sanità.
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