Denver and the Role of Guns

Edited by Tom Proctor

 

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Denver e il mestiere delle pistole

Il mestiere delle pistole, e delle armi da fuoco in generale, è uccidere.

Il mestiere delle pistole è non fare cilecca e sputare quel proiettile nella direzione giusta, affinché trapassi la carne di esseri viventi e gli porti via la vita.

Il mestiere delle armi è di lasciare scie di sangue che si mischierà alle lacrime di chi resta a chiedersi perché. Di chi non potrà mai dimenticare.

Il compito delle armi è di spegnere sogni, spezzare vite, creare orrore, suscitare odio.

In maniera democratica: senza riguardo a donne o bambini o malati o altro ancora.

Ad Aurora, in Colorado, le armi hanno compiuto ancora una volta, con grande successo il loro dovere. Dodici morti e circa cinquanta feriti di cui molti bambini. Il più piccolo di soli tre mesi.

Un quasi bambino anche il killer, di 24 anni per il quale, ovviamente, ora quegli stessi amanti delle armi chiederanno la pena suprema, magari condita da un po’ di tortura e di sputi sul viso.

A chiederlo saranno gli stessi che difendono il porto indiscriminato delle armi, sempre e ovunque. Com’è appunto in Colorado. A chiederlo saranno gli stessi che, molto spesso, sono contrari all’aborto perché “per la vita”. Gli stessi ai quali io chiedo sempre, senza mai avere una risposta, “quale vita è piu’ vita di altre?”

Perché non si può, secondo questi pensatori illuminati, abortire (nemmeno se la mamma è in pericolo o è stata stuprata o il bambino è destinato a nascere con patologie incurabili), ma si può e si deve, nell’ordine: negare l’assistenza sanitaria a quegli stessi bambini, anche a quelli nati con quelle patologie per le quali era consigliabile abortire. Che i bimbi nascano, anche se malati. E poi muoiano per l’impossibilità ad essere assistiti. Quei benpensanti illuminati che ritengono che la pena di morte, che da anni, nei dati, dimostra il suo fallimento nel limitare i crimini (per non parlare di tutti gli errori in cui sono stati condannati a morte degli innocenti), sia indispensabile. Quegli stessi benpensanti illuminati che, appunto, difendono senza se e senza ma il diritto a possedere armi e l’autorità di difendersi da soli senza neppure essere giudicati per questo.

La vita da difendere, dunque, è solo quella che non esiste ancora. Quella che non ha occhi e visi e sogni e dolori e gioie e speranze. La vita da difendere non ha carne che si lacera e ossa che si spezzano.

Tutto il resto è nulla da poter gettare via in una notte, davanti ad un cinema, mentre si sgranocchiano popcorn e si stringe la mano di quella ragazzina che ti piace tanto.

Ti piaceva tanto.

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