Edited by Gillian Palmer
La stragrande maggioranza delle persone che lavorano per
i colossi hi-tech sono uomini e bianchi. Un afro-americano
fa causa a Apple: «Negata una promozione perché di colore»
Non è un paese per neri, la Silicon Valley. Anzi, a giudicare dagli ultimi dati, il paradiso della tecnologia digitale sta scoprendo che forse ha un problema di pregiudizio razziale.
La prima notizia negativa è arrivata da Google, che con qualche imbarazzo ha rivelato i dati sulla diversità dei suoi 46.170 dipendenti. Ebbene i neri arrivano a fatica al 2% del totale, gli ispanici al 3%, e le donne al 30%. In altre parole, la stragrande maggioranza delle persone che lavorano per il motore di ricerca dominante del web sono uomini e bianchi. «Detto con parole semplici – ha commentato Laszlo Bok, senior vice president della compagnia – Google non è dove vorremmo essere in termini di diversità. E’ difficile risolvere questi problemi, se non se ne parla apertamente».
Nel frattempo si è scoperto che un dipendente afro-americano della Apple ha fatto causa alla compagnia, perché gli veniva negata una promozione per il colore della pelle. Andrew Dupree, 31 anni, lavorava in un negozio di Orlando, in Florida. Secondo la causa presentata il 18 dicembre scorso, la manager dell’Apple store dove era impiegato le aveva detto apertamente che «i dipendenti neri non raggiungono le posizioni dirigenziali in questo mercato». Lui allora era emigrato in Australia, dove aveva ottenuto buoni risultati, facendo aumentare del 14% le vendite nel negozio di Sydney in cui era impiegato, utilizzando il sistema “Easy Pay Program”. Secondo Dupree tutto questo meritava una promozione, ma ancora una volta non era arrivata. Quindi aveva deciso di tornare ad Orlando, ma nonostante gli fosse stato promesso il trasferimento, il negozio locale si era rifiutato di assumerlo.
Il 28 agosto dell’anno scorso Andrew si era rivolto direttamente al ceo Cook, attraverso una mail, e gli avevano risposto che avrebbe visto il mese successivo un rappresentante dell’ufficio personale. L’incontro era avvenuto in ottobre, non aveva portato a nulla, e quindi aveva deciso di fare causa. La Apple ha ammesso che il procedimento esiste, ma non ha commentato i dettagli. In attesa che la causa faccia il suo corso e si appuri la verità, sommando questo episodio e quello di Google, viene da chiedersi se nel settore digitale americano non esista una discriminazione.
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