Lo stato di salute della destra americana
Da tutta l’America attivisti e simpatizzanti del Grand Old Party (Gop) hanno raggiunto National Harbor, alle porte di Washington, per assistere alla tradizionale Conferenza del movimento conservatore americano (Cpac). Per il terzo anno consecutivo, il senatore repubblicano vicino ai Tea Party antitasse Rand Paul (nella foto) si è imposto come candidato più gradito, quest’anno raccogliendo il 25,7% dei consensi allo “straw poll”. Jeb Bush, ex governatore della Florida, è arrivato solo quinto, con l’8,7%. Paul si è imposto di poco sul governatore del Wisconsin Scott Walker, che ha avuto il 21,4% dei voti. Terzo il senatore del Texas Ted Cruz, con l’11,5%. Il risultato ha un valore esclusivamente simbolico. Anche perché nelle 20 precedenti edizioni di cui esistono i dati, solo tre vincitori hanno poi ottenuto la nomination repubblicana per la corsa alla Casa Bianca: Ronald Reagan, George W. Bush e Mitt Romney.
L’evento annuale del Cpac, sponsorizzato da think tank, siti web conservatori e gruppi di interesse molto influenti come la National Rifle Association, è una vetrina importantissima per chi aspira a candidarsi come presidente. E serve anche a capire gli umori della base, scoprendo quali temi tirano di più e quali meno. In tal senso l’appuntamento di quest0′anno non ha deluso le aspettative. In più quest’anno c’è stata una grossa novità. Invece che i tradizionali discorsi i candidati sono stati chiamati a rispondere alle moltissime domande del pubblico, rendendo l’appuntamento più scoppiettante e denso di stimoli.
Di cosa hanno parlato i delegati repubblicani riuniti negli ultimi giorni sulle rive del Potomac? Alcuni hanno detto che i repubblicani dovrebbero scegliere un vero credente, altri vogliono un candidato che si impegni ad abrogare subito la riforma sull’assistenza sanitaria voluta da Obama, oppure che riduca le dimensioni del governo federale e faccia una guerra senza quartiere contro l’Isis. Altri, infine, concordano sulla necessità di un candidato che sappia fare breccia tra i moderati, con meno rigidità su temi caldi come l’immigrazione, l’istruzione e la politica estera.
Al di là della vittoria nel sondaggio Scott Walker ha fatto notizia perché ha tracciato un parallelo tra la sua lotta nel 2011 contro i sindacati del settore pubblico e la sfida che gli Stati Uniti affrontano nella lotta contro l’Isis. Alcuni commentatori hanno scosso la testa di fronte a tale ardito accostamento. Poi dallo staff di Walker è arrivata una precisazione: il governatore intendeva esprimere il concetto che di fronte alle gravissime avversità lui “è stato in grado di scegliere la forza e leadership”.
L’ex governatore della Florida, Jeb Bush, gode di un’ampia base di appoggio ma è inviso da alcuni conservatori a causa della sua presa di posizione in materia di immigrazione e di standard di istruzione di base comune. Alcuni hanno applaudito il suo appello per la “riforma” del conservatorismo, altri invece non smettono di bollarlo come Rino (repubblicano solo di nome). “Dovrebbe essere un democratico”, ha detto Natale Simon, della California. Una cosa è certa: al nome di Bush, nella giornata conclusiva dei lavori, si sono sentiti anche alcuni fischi. E in più c’è da registrare il terzo posto nella classifica del gradimento, con meno del 10% dei consens. Intanto Bush fa sapere che non firmerà alcun impegno per non aumentare le tasse, come gli ha chiesto l’ala “dura” del partito. L’ha annunciato Kristy Campbell, portavoce dell’ex governatore della Florida (1999-2007): “Se il governatore Bush deciderà di andare avanti (nella candidatura) non firmerà alcun impegno sottopostogli da qualsiasi gruppo di lobbisti”, ha detto Campbell, ricordando però come “i suoi trascorsi sulle tasse sono chiari. Non le ha mai alzate”. La prudenza molto probabilmente si ricollega a quanto accaduto al padre, che nel 1990 promise di non alzare le tasse (la celebre frase: “Leggete le mia labbra, nessuna nuova tassa“). Impegno che poi disattese, finendo massacrato (a livello mediatico) dalla campagna elettorale di Clinton, che ossessivamente rilanciò quel video per mostrare l’incoerenza del presidente.
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