Obama e Putin: due visioni a confronto
Nella giornata di lunedì è andata in scena l’assemblea generale delle Nazioni Unite, caratterizzata dai discorsi di Obama e Putin sulla situazione siriana, sullo Stato Islamico e sulla conseguente lotta al terrorismo. Tracciando una proiezione dei discorsi e delle analisi mediatiche post assemblea, si ha la sensazione di assistere a un processo di trasformazione dell’architettura politica globale.
Obama ha pronunciato un discorso che non si è distaccato molto dalla dottrina strategica americana di base: ha ribadito il concetto di posizione dominante secondo un’interpretazione del mondo unipolare a trazione nordamericana (“siamo il primo esercito del mondo e difenderemo sempre il nostro interesse nazionale”) e ha insistito sulla deposizione di Assad, definito più volte come un terribile “tiranno”, secondo la linea già sperimentata che cerca di evitare in ogni modo il radicamento di posizioni regionali dominanti in chiara avversione con le politiche statunitensi.
Da segnalare momenti di distensione nel discorso che rientrano nei parametri della dottrina Obama, come le riflessioni sul cambio della politica aggressiva contro Cuba e la richiesta a una cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo nel Medio-Oriente. Non è mistero infatti che la redistribuzione dei carichi egemonici e lo spostamento dell’attenzione verso nuovi territori ritenuti strategici per l’equilibrio del Ventunesimo secolo (“pivot to Asia”) siano considerati soluzioni primarie per l’amministrazione Obama.
Il discorso di Putin è stato di diversa estrazione strategica, politica e comunicativa: il leader russo ha parlato brevemente, con ritmo serrato ed evitando pause sceniche.
Ha esordito attaccando frontalmente le politiche estere americane degli ultimi 20 anni, colpevoli di aver lasciato vuoti di potere in Africa e in Medio-Oriente che hanno permesso lo svilupparsi di entità terroristiche compreso lo Stato Islamico. Parole molto forti sono state usate per criticare la decisione di addestrare ribelli e terroristi in chiave anti-siriana: “è ipocrita manipolare tali gruppi nella speranza di distruggerli dopo. Vorrei dire a coloro che lo pensano e lo fanno: avete a che fare con persone assolutamente crudeli, ma non stupide. Volendo giocare con il terrorismo, non va dimenticato che tale minaccia può diffondersi in altre parti del pianeta.”
Oltre alla visione diametralmente opposta rispetto al ruolo di Assad, ritenuto da Putin unica possibilità di salvezza per la stabilità della Siria, la vera nota di contrasto tra i discorsi dei due leader risiede nel differente modo di intendere la futura architettura politica globale.
L’ideale universalista da una parte, rappresentato da Obama, che ha bisogno dello strumento politico dell’unipolarismo americano, e l’approccio multipolare di Putin dall’altra, che ribadisce più volte l’importanza dell’indipendenza degli Stati sovrani e della differenza di modelli politici e di sviluppo sono visioni che difficilmente si riescono a far coincidere.
“Siamo diversi, e ciò va considerato. Nessuno deve adottare il modello di sviluppo unico riconosciuto da uno solo” è la frase di Putin che sintetizza il concetto sopra espresso.
L’assemblea generale ha quindi espresso segnali di cambiamento per quanto riguarda i rapporti di forza internazionali, almeno dal punto di vista diplomatico. Forse per la prima volta, in un momento di così grande instabilità politica in una regione di primaria importanza strategica come il Medio Oriente, la platea dei rappresentanti delle nazioni e i milioni di spettatori collegati da ogni parte del mondo hanno atteso il discorso di Putin con più trepidazione rispetto a quello di Obama.
Un leader di un paese diverso rispetto agli Stati Uniti sembra aver conquistato le redini dei giochi, forte dei conclamati errori strategici e politici degli eterni avversari, e si appresta a delineare le future mosse nella regione medio orientale.
Secondo le ultime notizie il vertice serale tra Obama e Putin, nonostante rimangano divergenze profonde sul ruolo futuro di Assad, sembra aver partorito possibili soluzioni in chiave anti-Isis, con un’ipotetica coalizione aerea internazionale. Intanto la Russia ha iniziato i suoi raid su alcuni obiettivi militari appartenenti alle fazioni estremiste in territorio siriano, forte dell’ok di Damasco.
La lotta allo Stato Islamico e un progetto politico lungimirante che porti stabilità del Medio-Oriente devono essere la priorità per la Comunità Internazionale, che hanno in questo modo l’occasione per fermare e riconvertire i flussi migratori: la salvezza dei popoli e della storia martoriati dal terrorismo non può più aspettare.
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