Donald Trump è stato il primo presidente statunitense a partecipare alla “Marcia per la Vita”. L’evento, infatti, è stato istituito quarantacinque anni fa, ma nessun inquilino della Casa Bianca aveva mai preso parte alla manifestazione fino ad oggi. Durante il discorso tenuto davanti agli attivisti americani, Trump ha istituito “il giorno della sacralità della vita”, ribadendo la sua ferma contrarietà all’aborto e la sua vicinanza alle battaglie care al mondo pro life. “Sempre più americani sono sempre più pro-life. Sotto la mia Amministrazione difenderemo sempre il diritto alla vita”, ha sottolineato il Tycoon. Il dipartimento della Salute e dei Diritti umani, intanto, ha ribaltato le linee guida in materia di aborto istituite durante l’amministrazione di Barack Obama. Gli stati conservatori, insomma, potranno tornare ad ostacolare le organizzazioni che forniscono servizi utili a “facilitare” l’aborto, rendendogli meno semplice operare all’interno dei loro confini. Secondo il nuovo regolamento – come riportato dal Guardian – “ospedali, università, cliniche e altre entità che ricevono finanziamenti da programmi HHS come Medicare e Medicaid dovranno certificare che rispettano circa 25 leggi federali a tutela della coscienza e dei diritti religiosi. La maggior parte di tali leggi si rivolge a procedure mediche come l’aborto, la sterilizzazione e il suicidio assistito”. Strada in salita, quindi, per Parenthood e simili.
Il presidente Trump, intanto, è stato nominato personalità pro life dell’anno da una Ong. Operation Rescue ha conferito questo riconoscimento al tycoon per una serie di ragioni: secondo l’organizzazione, Trump ha tenuto fede agli impegni presi in campagna elettorale riguardo alle tematiche bioetiche, ha nominato una serie di personalità antiabortiste ai vertici delle istituzioni americane (Corte Suprema e Amministrazione presidenziale), ha messo in discussione i finanziamenti pubblici destinati alla cliniche abortiste e ha tutelato la libertà di coscienza del personale medico americano. Commenti positivi alla partecipazione di Trump alla “Marcia per la Vita”, poi, sono arrivati anche dal mondo pro life italiano: “La partecipazione del Presidente è il frutto di un lavoro culturale, sociale, mediatico e solo infine politico che ha necessitato decenni di maturazione, da quando la Corte Suprema si inventò di sana pianta la presenza nella Costituzione del diritto di abortire un figlio -ha commentato Filippo Savarese di CitizenGo Italia su Facebook – Un lavoro iniziato nella e dalla consapevolezza di dover ripartire dal basso, ritornando a testimoniare a intere generazioni il senso della Vita, della libertà, della responsabilità, del Bene Comune. Generazioni che stanno considerando questa testimonianza sempre più credibile, rispetto ai proclami di morte e alla cultura dello scarto che gli viene spacciata in alternativa”, ha chiosato l’attivista italiano.
L’Obamacare, del resto, era una riforma a trazione abortista. Tra le normative poste in essere da quell’impianto legislativo targato Partito Democratico anche l’obbligo per le aziende di fornire ai propri dipendenti dei contraccettivi e dei farmaci abortivi. La Corte Suprema, all’epoca, ha bloccato questa parte della riforma, ma la cultura abortista, sotto l’amministrazione Obama, era comunque sostenuta culturalmente ed economicamente. Trump, invece, ha ripristinato persino la legge che prevedeva il blocco delle sovvenzioni per le Ong che praticavano aborto o fornivano informazioni in merito alle pratiche abortiste fuori dai confini americani. Il bando, manco a dirlo, era stato ripristinato dalla presidenza Obama nel 2009 dopo l’abolizione repubblicana. Il presidente degli Stati Uniti, infine, proprio durante la marcia per la vita ha invitato il Senato ad approvare una legge che contiene il divieto di abortire dopo le venti settimane. Il testo, che è stato già approvato dai deputati, si è ora arenato alla Camera alta del congresso statunitense, ma la situazione venutasi a creare con lo shutdown complicherà ulteriormente le cose.
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