Biden e Romney. La doppia tentazione della sfida a Trump
L’ex vice di Obama si muove dietro le quinte e ha già una squadra pronta, punta ai consensi dei democratici moderati. I liberal con la Warren
All’alba del nuovo anno è l’assedio alla Casa Bianca di Donald Trump a tenere banco sulla scena politica americana. Un assedio le cui manovre preparatorie dureranno almeno un anno, il tempo che manca alla nuova tornata elettorale in cui il presidente in carica dovrà fare i conti con le fronde ostili interne al partito repubblicano e con la variegata offensiva democratica. Dalle cui file emergono, come potenziali candidati, volti vecchi e nuovi pronti a contendersi fette dell’elettorato che non si riconosce in quella maggioranza silenziosa che ha incoronato l’ex tycoon 45° presidente degli Stati Uniti.
È il caso di Joe Biden, il quale avrebbe posto le basi per una discesa in camp con l’obiettivo di cooptare moderati fra i democratici, centristi e classe media e riprendere la sfida per la Casa Bianca laddove l’aveva lasciata nel 2016 in seguito alla prematura scomparsa del suo primogenito Beau. A ventilare l’ipotesi è il New York Times, che ricostruisce «il network di associazioni senza scopo di lucro e centri accademici» in cui l’ex vicepresidente ha posizionato fedelissimi consiglieri e strateghi di fiducia. A partire dalla sorella Valerie Biden Owens, manager di lungo corso delle sue campagne elettorali, e Greg Shultz, guru politico dell’ex vice di Barack Obama oggi alla guida di American Possibilities Pac, comitato di azione politico lanciato quasi due anni fa. Una rete, quella di Biden, che – suggerisce il Times – potrebbe trasformarsi in una vera e propria macchina da guerra elettorale. Il 76enne Biden del resto non ha mai escluso l’ipotesi di scendere di nuovo in campo nel 2020 e alcune sue scelte sembrano avvalorare l’ipotesi. Come quella di non intascare l’assegno di 100 mila dollari come compenso per tenere un discorso all’Università dell’Utah visto che si trattava di fondi pubblici.
E guadagnare a carico dei contribuenti non gli avrebbe certo fatto gioco in campagna elettorale. Biden potrebbe trovare il suo principale sponsor in Obama, che proprio ieri si è fatto sentire con il primo tweet del 2019: «Nel 2018 le persone si sono fatte avanti e si sono messe in evidenza come mai prima. Fate lo stesso nel 2019».
Chi si è fatta avanti per prima in vista di Usa 2020 è stata Elizabeth Warren, 69 enne senatrice progressista del Massachusetts che, dopo aver annunciato la creazione di un comitato esplorativo per le elezioni, ha deciso di compiere una sortita in Iowa, primo stato a tenere le primarie. Certo i numeri non sono dalla sua parte visto che un sondaggio di dicembre di Cnn e Des Moines Register/Mediacom tra i probabili candidati Dem vede Warren solo al quarto posto con l’8%. In testa alle preferenze c’è l’ex vicepresidente Joe Biden con il 32%, quindi il 77 enne senatore del Vermont Bernie Sanders con il 19% e a seguire il deputato uscente del Texas, considerato l’astro nascente democratico, Beto O’Rourke con l’11%, per ora unico volto nuovo del fronte Dem.
A tenere banco nelle fila repubblicane è invece un’altra vecchia conoscenza, il senatore e più volte candidato Gop Mitt Romney, il quale ha definito Trump «non all’altezza del suo incarico». L’obiettivo è quello di proporsi come nuova voce critica del Grand Old Party, una sorte di erede di John McCain pronto a capeggiare i senatori «dissidenti». Il blitz per ora ha sortito solo preoccupazioni tra i membri del Comitato nazionale del partito (Rnc) i quali, sebbene convinti che Trump possa sconfiggere qualunque rivale repubblicano, temono che un duello casalingo avvantaggerebbe i Dem mettendo a rischio la rielezione dell’ex tycoon. La cui replica a Romney è lapidaria: «Io ho vinto, lui no».
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