I sondaggi danno il candidato democratico sempre in vantaggio. Lui prepara la squadra per la Casa Bianca. Fra i nomi, molte sorprese. Dalle donne a qualche repubblicano moderato da New York
Due bianchi, un ispanico, almeno una donna. “Se Barack Obama vincerà le elezioni, come sembra probabile, la sua amministrazione sara la più ‘diversa’ della storia, specie nelle quattro posizioni chiave, al Dipartimento di Stato, alla Difesa, al Tesoro e alla Giustizia”, dice Larry Sabato, direttore del Center of Politics della University of Virginia e principe degli analisti politici americani. Il tracollo di Wall Street e le nubi che si addensano sull’economia americana sembrano spianare la strada di Obama verso la Casa Bianca. Gli ultimi sondaggi fanno intravedere scenari che solo qualche mese fa i democratici non osavano neppure sperare. Per la prima volta dopo 15 anni, il partito potrebbe controllare non solo la Stanza Ovale, ma anche entrambe le ali del Congresso, e questa volta con una maggioranza che al Senato potrebbe toccare 60 seggi su cento, in pratica la garanzia di poter governare senza ostruzionismi parlamentari. Di fronte all’avanzata di Obama, John McCain è stato obbligato ad alzare bandiera bianca in uno Stato importante come il Michigan, per concentrare risorse e uomini in Florida e Ohio, in Colorado e Virginia, in Nevada e New Mexico. A Obama basterebbe vincere in due soli di questi Stati, mantenendo quelli conquistati da John Kerry quattro anni fa, per garantirsi la Casa Bianca. E oggi è in vantaggio in tutti e sei.
Non c’è da stupirsi, dunque, se a Washington, mentre la battaglia elettorale si fa sempre più aspra, si cominciano a disegnare possibili scenari del dopo-elezioni. “I problemi più gravi per Obama arriveranno a gennaio, se davvero entrerà alla Casa Bianca”, dice Sabato: “In Iraq ha fatto promesse che non potrà mantenere: per lui sarà difficile portare a casa le truppe in 16 mesi come ha scritto sul suo programma. Allora avrà bisogno di un segretario di Stato e di un ministro della Difesa con una statura tale da far digerire all’elettorato il cambio di passo”.
Sabato dice che il candidato più logico per il ruolo chiave di segretario di Stato è Bill Richardson, attuale governatore del New Mexico ed ex ambasciatore all’Onu negli anni di Bill Clinton. Richardson ha molte carte da giocare per entrare nell’amministrazione Obama: è l’esponente politico di maggiore spicco della comunità ispanica negli Stati Uniti, ha grande esperienza in politica estera ed è salito sul carro di Obama, voltando le spalle agli amici Clinton, quando la gara per la nomination era ancora incerta. Tutti danno per scontato che Richardson avrà un ruolo importante a Washington, ma non necessariamente al Dipartimento di Stato.
Thomas Mann, esperto di Casa Bianca alla Brookings Institutions, uno dei grandi think tank democratici della capitale, prevede che Obama destinerà la poltrona di segretario di Stato a un repubblicano moderato. Ce ne sono almeno un paio in corsa: Richard Lugar e Chuck Hagel, entrambi senatori, il primo eletto in Indiana e il secondo in Nebraska, entrambi critici dell’amministrazione Bush, contrari alla guerra in Iraq e desiderosi di ridurre la presenza militare americana all’estero. Hagel è stato a lungo citato come uno dei possibili vice di Obama, prima che la scelta cadesse su John Biden. Ma ora a Washington è opinione diffusa che almeno uno dei due senatori finirà in un posto chiave, o al Dipartimento di Stato o alla Difesa. Thomas Mann è per la prima ipotesi, mentre ritiene probabile che per la Difesa Obama sceglierà Richard Danzig, che è uno dei suoi principali consiglieri in politica estera e fu viceministro della Marina nell’amministrazione Clinton.
Quest’ultima ipotesi è stata recentemente confermata anche dal ‘New York Times’, che ha citato l’ex viceministro come il più autentico interprete della flessibilità di Obama in politica estera. In recenti interviste sia Obama che Danzig hanno affermato che la prospettiva di ritirare tutte le truppe dall’Iraq in 16 mesi potrebbe essere ritardata se nel paese riesplodesse la violenza. Danzig ha poi precisato che se ciò accadesse sarebbe realistico rallentare il ritiro, lasciando a Baghdad un contingente di 30-50 mila soldati, una dichiarazione che il ‘Times’ ha ritenuto autorevole, considerato il ruolo di ministro della Difesa in pectore di Danzig.
Anche Jonathan Schell, prestigiosa firma del progressista ‘The Nation’ e docente di problemi nucleari a Yale, prevede che Obama sceglierà un repubblicano centrista, come Lugar o Hagel, per la Difesa. Schell non è certo un moderato, ma è profondamente convinto che uno dei compiti del prossimo presidente democratico debba essere quello di rompere l’unità del partito repubblicano, che negli ultimi anni si è comportato come “un’organizzazione centralizzata di stampo leninista” e che con il suo settarismo “è stata una delle cause del disastro della politica americana”. Nonostante alcuni punti di dissenso, Schell considera Obama un candidato prodigioso: “E il Mozart della politica”, dice: “Ma anche uno come lui, una volta arrivato alla Casa Bianca, potrebbe fallire. I problemi sul tappeto sono tali da distruggere chiunque: global warming, crisi energetica, 45 milioni di americani senza assistenza sanitaria, povertà in aumento…”.
Proprio per questo Schell si dice convinto che Hillary Clinton rifiuterà qualunque coinvolgimento diretto nell’amministrazione: “Hillary continuerà a tenere gli occhi puntati sulla presidenza nell’eventualità che Obama fallisca e decida di non ripresentarsi nel 2012. In quel caso sarebbe lei il prossimo candidato”.
Si tratta di un’opinione largamente diffusa negli ambienti politici di Washington. Hillary ha confessato a diversi amici di preferire un incarico di primo piano al Senato, dove potrebbe aspirare al ruolo guida che fino a ieri era di Ted Kennedy, piuttosto che avere una poltrona all’ombra di Obama. “Hillary potrebbe invece accettare un posto alla Corte Suprema”, afferma Thomas Mann. Almeno un paio dei nove giudici sono molto anziani ed è probabile che uno di loro decida di ritirarsi.
Diverse altre donne potrebbero ambire a entrare nell’amministrazione Obama. Il governatore dell’Arizona Janet Napolitano è in corsa per il ruolo di ministro della Giustizia, una posizione chiave in un Paese che nei prossimi mesi dovrà affrontare decine, forse centinaia di processi ai detenuti di Guantanamo. Kathleen Sebelius, governatore del Kansas, potrebbe diventare ministro del Commercio, un altro ruolo decisivo in un’amministrazione che nasce sulla promessa (che difficilmente sarà mantenuta) di rivedere non solo le relazioni commerciali con la Cina, ma anche i trattati di libero scambio con paesi confinanti come Canada e Messico. Caroline Kennedy, la 51enne figlia di John e Jacqueline, aspira invece al posto di ambasciatore all’Onu. Durante le primarie è stata una dei portabandiera della causa di Obama, in decine di comizi ha associato il carisma del padre John a quello del candidato nero ed è convinzione diffusa che, arrivato alla Casa Bianca, debba ripagarla in qualche modo.
Ma la poltrona più ambita è quella del ministero del Tesoro, dove oggi siede l’ex presidente di Goldman Sachs, Henry Paulson. Nelle ultime settimane si è sparsa la voce che con l’aggravarsi della crisi finanziaria e il pacchetto di 700 miliardi di dollari approvati dal Congresso per aiutare Wall Street, Obama potrebbe riconfermare Paulson almeno per un anno. Ma si tratta probabilmente solo di una voce che esprime le speranze di Wall Street: “Obama dovrà fare piazza pulita del passato: non resterà neanche una briciola dell’amministrazione Bush. Sarà la base democratica a pretenderlo”, dice Larry Sabato. E aggiunge Mann: “Paulson è esausto e non vede l’ora di andarsene. Oltre a lui ci sono altri candidati assai competenti: in prima fila Sheila Bair, attuale presidente della Fdic, la Federal Deposit Insurance Corporation”.
La stella della Bair sta salendo nel mondo della politica americana. Il mese scorso il settimanale ‘Forbes’ ha messo il suo nome al secondo posto nella classifica mondiale delle donne più potenti del mondo, dopo il Cancelliere tedesco Angela Merkel.
La Fdic è l’organizzazione pubblica che assicura i depositi dei clienti nelle banche. Fino a ieri garantiva copertura fino a 100 mila dollari, ma negli ultimi giorni la Bair ha chiesto e ottenuto dal Congresso un aumento della protezione fino a 250 mila. La sua nomina al Tesoro viene ritenuta molto probabile, non solo perché Obama sembra intenzionato ad aumentare il numero delle donne nel suo gabinetto, ma anche perché la Bair è anche lei una repubblicana moderata, si è prodigata per difendere gli interessi dei piccoli risparmiatori e sa spiegare la finanza agli americani: negli ultimi anni si è fatta un nome come scrittrice di due manuali che insegnano l’arte del risparmio ai bambini. Inoltre si è conquistata la fiducia di Wall Street per avere condotto in prima persona, nelle ultime settimane, il salvataggio di Wachovia, IndyMac e Washington Mutual. Ma naturalmente, perché tutto ciò si verifichi, manca ancora un dettaglio: la vittoria di Obama il 4 novembre.
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