Usa 2016: la battaglia sull’immigrazione
Hillary Clinton promette una più vasta sanatoria. Punta ai voti dei latinos
Se c’è un tema che può fare la differenza nelle elezioni presidenziali del 2016, questo è l’immigrazione. Hillary Clinton lo sa bene e ha così deciso di sparare le sue prime cartucce. Di fronte a un platea di giovani immigrati non regolarizzati alla Rancho High School di Las Vegas, la candidata democratica ha fatto un’impegnativa promessa. Ha detto che se diventerà presidente non solo continuerà la politica di sanatoria degli illegali adottata da di Barack Obama, ma anzi, l’espanderà.
La sanatoria di Hillary
Se il Congresso di rifiuta di decidere, se la riforma dell’immigrazione rimarrà ancora bloccata a Capitol Hill, ha spiegato l’ex First Lady, sarà lei a muoversi, usando i poteri che la Costituzione concede all’inquilino della Casa Bianca. Obama lo ha già fatto con gli ordini esecutivi firmati negli scorsi mesi che regolarizzavano la posizione di almeno cinque degli undici milioni di clandestini presenti sul territorio degli Stati Uniti e limitavano drasticamente il numero delle deportazioni, dei rimpatri forzati.
Questi ordini esecutivi sono stati bloccati per ora da un giudice texano. Quando il governo federale vincerà la sua battaglia legale, potranno essere messi in pratica. La Clinton ha però annunciato la sua intenzione di andare ben oltre quello che ha già fatto l’attuale presidente. Ha promesso che estenderà il diritto a rimanere negli Usa anche ai genitori dei Dreamers, i giovani che che sono entrati nel paese quando erano bambini e che sono cresciuti negli Stati Uniti.
I Dreamers sono milioni. Dal 2012 sono protetti da una legge voluta da Obama, ma i loro parenti, invece, rimangono degli illegali a tutti gli effetti. Spesso quest’ultimi vengono presi, rinchiusi nei centri di detenzione e poi allontanati dal paese. Famiglie separate a forza dopo anni di vita insieme negli Usa. Hillary Clinton promette che tutto questo non accadrà più. “Ci sono 11 milioni di immigrati irregolari in America, non possiamo certo deportarli tutti” – ha detto nell’incontro a Las Vegas.
I voti dei latinos
Ma perché la Clinton ha fatto questa mossa sull’immigrazione ? E’presto detto. Il mercato dei milioni di voti dei Latinos fa gola all’ex segretario di stato. Sotto certi aspetti lei gioca in casa. Nel 2008, durante le primarie, gli elettori democratici di origine ispanica già la preferivano a Barack Obama. Poi sappiamo come è andata a finire. Ora che torna a correre per la Casa Bianca, quell’antico amore è riscoppiato. La Clinton vuole alimentarlo. I milioni di parenti dei milioni di illegali (per lo più latinos) chi voteranno nel 2016? Chi vuole tenere le famiglie unite o chi, invece, le vuole separare? Hillary non ha dubbi e punta le sue fiches su di una politica aperta sull’immigrazione.
Cosa dicono i repubblicani
Dall’altra parte, i candidati repubblicani sono invece in difficoltà su questo tema. Devono barcamenarsi con un elettorato più conservatore e sono costretti mostrare più prudenza se non vogliono perdere quei voti. Così facendo, però, non riescono a conquistare quelli decisivi delle (per ora) minoranze etniche. E’il caso di Jeb Bush e Marco Rubio. Entrambi arrivano dalla Florida, terra di immigrazione ispanica, come dimostra il nome e cognome dello stesso senatore repubblicano. I due strizzano l’occhio ai latinos, ma non possono dichiarare tutto il loro amore. Così, entrambi tentennano sulla riforma dell’immigrazione, alludono allo stop alle deportazioni, ma preferiscono poi mettere l’accento sulla sicurezza dei confini.
Carly Fiorina, l’ex ad di Hewlett Packard, scesa in campo tre i repubblicani, ha una visione più pragmatica. Secondo lei, il suo partito – che controlla il Congresso – dovrebbe dare via alla riforma sull’immigrazione con una serie di provvedimenti che tolgano dalle mani di Obama e dei democratici il pallino del gioco. Per la Fiorina, l’errore strategico è stato quello di concedere spazio all’offensiva degli avversari, non rendendosi conto che in questo modo si regalavano i milioni di voti degli ispanici al partito rivale.
In nome di questo pragmatismo, Rand Paul, altro candidato repubblicano, si schiera completamente dalla parte degli immigrati. In una recente intervista ha detto che, in qualche modo, dovrebbero essere regolarizzati gli undici milioni di illegali. Sul fronte repubblicano, lui però è un caso particolare. Le sue posizioni sono le più “originali” e trasversali. Qualcuno pensa che potrebbe essere un bene per la sua corsa alla Casa Bianca. I sondaggi per ora però non lo premiano.
Il Tea Party
Figlio di un immigrato cubano in Canada e di un’americana di origine italiane, il senatore Ted Cruz del Texas, è tra i candidati repubblicani quello che sposa la linea più dura. Espressione del Tea Party, Cruz punta tutto le su carte sulla messa in sicurezza dei confini per evitare l’entrata degli immigrati irregolari ed è stato uno dei fautori e dei protaognisti delle battaglia al Congresso contro la maxi sanatoria firmata da Barack Obama. Lui non ha paura di perdere i voti dei latinos, sicuro di poter recuperare quel gap, consolidando il suo consenso nell’elettorato più conservatore.
Chi, alla fine, vincerà le primarie repubblicane dovrà però trovare una risposta, una sintesi da offrire, sull’immigrazione. Non sarà facile visto le spinte centrifughe che emergono sul tema. Per Hillary Clinton, la strada è più facile. Lei ha già deciso la sua politica. Mentre i republicani discutono cosa è meglio fare, l’ex First Lady ha già fatto la mossa vincente che può permetterle di prendersi il banco, i voti dei Latinos.
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