Defeat on Obamacare Repeal: The President of Snap Decisions Is Left Empty-Handed

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Smacco sull’Obamacare: il presidente decisionista si trova con un nulla di fatto

I repubblicani costretti a ritirare le legge che doveva abrogare la riforma sanitaria di Obama. Che tra tanti difetti, ha anche molti pregi per i cittadini Usa. Ma ora Trump si trova senza un trofeo politico importante

NEW YORK – Donald Trump incassa la prima sconfitta grave tra i “suoi”. È costretto a ritirare il progetto di contro-riforma sanitaria, che doveva cancellare la nuova sanità introdotta nel 2010 da Barack Obama. La débacle arriva al termine di una giornata convulsa, segnata da lacerazioni tra i repubblicani. Il ritiro del progetto di legge voluto da Trump è una decisione obbligata, presa in un clima di caos, a pochi minuti dall’inizio di una votazione alla Camera dove la sua bocciatura era ormai un certezza.

L’opposizione democratica gongola, i repubblicani si sono rovinati da soli, con una guerra intestina tra fazioni del partito. Alla prova più cruciale l’autorità del presidente è stata insufficiente a compattare il partito. Ora Trump e il suo interlocutore istituzionale, il presidente della Camera Paul Ryan, devono raccogliere i cocci, ripartire da zero. Il presidente cerca di mascherare la sconfitta cambiando tema: “Ora occupiamoci della riforma fiscale, per ridurre le imposte”, annuncia in serata.

Il disastro sulla sanità ha ricadute politiche e di sostanza. Cominciando dalla seconda: gli americani per ora si tengono Obamacare. Nel bene e nel male. La riforma del 2010 ha allargato la platea degli assicurati con quasi 20 milioni di cittadini che per la prima volta hanno avuto la copertura dell’assistenza medica e ospedaliera. Inoltre è stato vietato alle compagnie assicurative rifiutare dei clienti perché “già ammalati in passato”, una pratica che prima era corrente. Con dei costi elevati, però, in certi casi a carico delle aziende, in altri dei cittadini stessi. E senza riuscire a calmierare i prezzi: né le tariffe assicurative, né quelle medico-ospedalieri, né i prezzi dei farmaci.

L’alternativa repubblicana? Sarebbe stata ancora peggiore, peggiorando la situazione per 24 milioni di persone (stime indipendenti del Congressional Budget Office), in nome di un ritorno alla libertà di mercato più sfrenata. Per esempio, nel disegno di legge repubblicano doveva scomparire il “servizio minimo obbligatorio”, che imponeva alle assicurazioni di rimborsare alcune prestazioni di base come il ricovero d’emergenza in un pronto soccorso o le spese del parto. Nell’insieme dunque si può parlare – provvisoriamente – di scampato pericolo: gli americani si tengono il sistema che c’è, sia pure molto più inefficiente e costoso rispetto alla media dei paesi ricchi (soprattutto quelli nordeuropei).

La dimensione politica è quella più dirompente per Trump, che ha appena superato i due mesi alla Casa Bianca. Finora questo presidente si era urtato ai “soliti nemici”: la stampa, l’opposizione democratica, i giudici, e parecchi governi stranieri urtati dalle sue gaffes. Muro col Messico o decreto sigilla-frontiere, smantellamento delle tutele ambientali, protezionismo: Trump grosso modo manteneva le promesse fatte allo zoccolo duro dei suoi elettori, e scontentava tutti gli altri. La débacle sulla sanità invece lo mette contro i suoi, spacca la destra in modo traversale. E getta un’ombra sulla sua presunta capacità di rinnovare i metodi di Washington.

Trump fece campagna come l’ousider per eccellenza, l’anti-politico, il nemico della casta parlamentare, colui che avrebbe messo in riga deputati e senatori. Vantò anche la sua abilità di negoziatore, sul modello del suo best-seller “The Art of The Deal”, promise di applicare al mondo politico i metodi decisionisti ed efficaci del businessman. È scivolato su una prova fondamentale, perché lo smantellamento di Obamacare è un trofeo ad alto valore simbolico per i repubblicani. Molto prima che Trump entrasse in politica, il Tea Party movement lo aveva preceduto e gli aveva spianato la strada, con manifestazioni di protesta che avevano segnato un revival del popolo di destra.

I nemici giurati del Tea Party erano due: i banchieri di Wall Street salvati a spese del contribuente; e la riforma sanitaria Obamacare. Trump, che all’annuncio della sua candidatura nell’estate 2015 era abbastanza agnostico e possibilista su Obamacare, col progredire della campagna elettorale si allinedò completamente sul Tea Party e promise nel modo più solenne di distruggere la riforma sanitaria del suo predecessore. Al dunque, i deputati repubblicani si sono divisi tra l’ala più intransigente che voleva spazzare via tutti i modesti progressi di Obamacare; e la componente moderata che voleva salvare gli aspetti più popolari, sia pure con qualche costo per il bilancio pubblico.

Trump ha creduto di risolvere la spaccatura con un ultimatum: giovedì sera ha imposto il voto alla Camera, senza essere sicuro di avere i numeri. Ventiquattr’ore dopo, la disfatta era ufficiale, iniziava la ritirata. E il presidente-decisionista si ritrova alla casella di partenza, con un nulla di fatto.

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