A Specter Is Haunting Europe. Its Name Is Donald Trump

 

 

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Il rapporto fra Europa e Stati Uniti non è mai stato così difficile. L’elezione di Donald Trump ha cambiato in maniera sensibile il rapporto fra le due sponde dell’Atlantico. E questo ha avuto come effetto anche la spaccatura all’interno dell’Unione europea fra i partiti e i leader che hanno aperto a un asse con il presidente repubblicano e chi invece ha voluto contrastare in maniera netta le politiche della nuova amministrazione americana.

Le elezioni europee hanno confermato questo trend. E l’Europarlamento scaturito dal voto del 26 maggio certifica la tendenza dell’Unione europea alla spaccatura fra chi crede che la collaborazione con Washington sia necessaria e che invece ritiene sia più utile rafforzare l’Ue e le politiche che osteggiano l’agenda della Casa Bianca. La divisione fra sovranisti e moderati è utile fino a un certo punto: perché l’asse con gli Stati Uniti non può essere rinchiuso nello schema della sfida fra partiti tradizionali e partiti “nuovi”. La separazione fra partiti più filo Trump che quelli anti Trump è trasversale,così come quella di chi sostiene una maggiore o minore sinergia fra Stati Uniti e Unione europea. E il motivo è che di fatto ogni partito in sede europea non può che rappresentare il proprio Paese, il proprio sistema di alleanze e la propria strategia politica e industriale. Quindi non s’ solo ideologia: ci sono soprattutto affari. A cominciare dal fatto che chi è legato di più alla Germania avrà sempre un senso di maggiore fedeltà a Berlino che a Washington, orientando quindi la propria politica in tal senso.

Proprio per questo motivo, le elezioni europee hanno anche un’altra chiave di lettura: quella di Trump, vero convitato di pietra di questa tornata elettorale. Per molto tempo sintetizzato nel legame o meno dei partito sovranisti a The Movement di Steve Bannon, il tema del rapporto fra partiti più o meno filo Usa e filo Trump deve essere visto anche in chiave strategica. Non è solo una questione di singola amministrazione, ma è il modo in cui sarà orientata la strategia dell’Eurocamera e di conseguenza anche quella della prossima Commissione europea, che è figlia della composizione del Parlamento europeo. E in questo senso, il risultato delle elezioni non può che far sorridere il presidente Usa che, in qualsiasi modo lo si legga, trova un parlamento europeo diviso e una netta ascesa di partiti molto più vicini all’agenda della sua amministrazione. La Lega è sicuramente un esempio: il partito di Matteo Salvini ha impostato la sua agenda politica interazionale con una chiara apertura di credito verso il governo statunitense. E questo vale in generale per tutta la piattaforma sovranista, dal gruppo di Marine Le Pen e Salvini a quello dei Conservatori in cui per l’Italia è presente Fratelli d’Italia. Stesso discorso per il Brexit Party, il cui leader, Nigel Farage, incontrerà proprio Trump nella sua visita in Gran Bretagna. Insomma, questi partiti sono tutti culturalmente e strategicamente più affini al sistema rappresentato da Trump piuttosto che all’asse franco-tedesco ma anche all’establishment Usa di matrice democratica. E questo incide su come si orienterà il futuro Parlamento europeo soprattutto se si riflette sul fatto che anche il Partito popolare europeo ha al suo interno leader molto più affini al governo americano (in primis Viktor Orban).

Dall’altra parte dello schieramento, invece, è evidente che la linea anti Trump si sia ulteriormente irrigidita. L’ascesa dei Verdi di fatto rappresenta una netta presa di posizione contro le chiusure dell’agenda Usa sul clima e sulle politiche ambientali, ma rappresenta anche una certa posizione ideologica decisamente più incline alla sinistra e al progressismo rispetto a quanto espresso dalla Casa Bianca. E questo vale anche per l’attuale composizione socialista (dove pesa il fatto che sia il Psoe di Pedro Sanchez a essere la compagine principale) e la creazione del gruppo liberale e di Emmanuel Macron, che da sempre contrasta l’asse con Washington per privilegiare l’Europa a trazione franco-tedesca. Qualora il Ppe fosse tagliato fuori dai giochi (ipotesi non impossibile per quanto improbabile) e i sovranisti venissero esclusi dal gioco delle poltrone, l’Unione europea avrebbe inevitabilmente una proiezione contraria al presidente Usa. Un presidente che sembra sempre più il vero spettro che si aggira per l’Europa.

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