Biden in Ucraina ‘oscura’ il piano di pace cinese: ora il timore Usa è che Xi voglia mediare davvero
Per l’Ucraina, questi che precedono l’anniversario dell’invasione, venerdì 24 febbraio, sono i giorni della retorica: rientrano in questa categoria i discorsi che i presidenti Usa Joe Biden e russo Vladimir Putin faranno domani, rispettivamente a Varsavia e di fronte alla Duma, presenti i militari dell’ ‘operazione militare speciale’ – senza ospiti stranieri.
Ed ha pure un valore sostanzialmente retorico la missione, oggi, a Kiev, del presidente Biden, certo non improvvisata ‘last minute’, ma tenuta ovviamente segreta fino all’ultimo. L’andirivieni da e per Kiev di questi giorni sembra quasi volere creare l’impressione che, nonostante il conflitto, l’Ucraina sta ritrovando una sua normalità.
Nel giro di una settimana, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stato a Londra e a Bruxelles e il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba a Monaco in abiti civili; e Kiev ha visitatori ogni giorno (o quasi): il premier svedese Ulf Kristersson, presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Biden, presto la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni sono solo gli ultimi di una lunga lista.
Per quanto previsto, il viaggio di Biden a Kiev e a Varsavia può pure avere una valenza anti-cinese, come a volere schermare l’impatto del piano di pace cinese sull’Ucraina, il cui annuncio, anticipato a Monaco dal capo della diplomazia cinese Wang Yi, è atteso per venerdì.
Pechino ha forse preso in contropiede le diplomazie occidentali, dopo che per un anno s’era defilata sulla crisi ucraina, rifiutandosi di assumere un ruolo di mediazione, senza condannare l’invasione, ma dichiarandosi a favore del rispetto dell’integrità territoriale dei Paesi, un principio da applicare “senza doppie misure” – un modo per dire che Taiwan è Cina.
La ‘guerra dei palloni’ scoppiata all’inizio del mese con il sorvolo del territorio statunitense da parte di una sonda cinese – un pallone spia, per gli Stati Uniti; una sonda meteorologica per Pechino – ed il successivo abbattimento, ha aggiunto un elemento di tensione, probabilmente solo congiunturale, al contenzioso geo-politico, economico e commerciale fra Usa e Cina.
La visita che il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, progettava a Pechino è stata così rinviata sine die. E Blinken ha appena aggiunto un altro anello alla catena dei contenziosi Usa-Cina: l’asserita fornitura alla Russia di droni e altro materiale bellico, così come fanno, o farebbero, l’Iran e la Corea del Nord. Blinken e Wang si sono poi visti a Monaco, a margine di quella conferenza che è stata un trionfo della retorica pro-Ucraina occidentale: nessuno dei punti del contenzioso è stato risolto, ma almeno il dialogo è ripreso.
Wang da Monaco è andato a Mosca: l’avvicinamento tra Cina e Russia nell’ultimo anno è evidente, con Xi e Putin accomunati dal desiderio d’un nuovo ordine mondiale in funzione anti-egemonia Usa. Ed è anche probabile che Wang voglia sondare la reazione di Putin al puzzle del piano di pace di Xi.
Dopo avere tirato la giacca per un anno intero a Xi, perché assumesse un ruolo di mediazione dopo l’invasione dell’Ucraina, Biden pare ora preoccupato che lo faccia davvero: se la Cina vuole prendersi la scena, gli Usa le alzano intorno cortine fumogene. Ma se Pechino dovesse formulare proposte che soddisfano le preoccupazioni di sicurezza russe e la tutela dell’integrità territoriale ucraina sarà difficile fare orecchie da mercante.
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