Obama-Romney, l’importanza di Sandy
Weekend di riflessione per gli elettori indipendenti, quelli che decideranno la gara per la Casa Bianca. Barack Obama sembra in lieve vantaggio negli stati chiave, ma Karl Rove, l’architetto delle vittorie di George W. Bush prevede: vincerà Mitt Romney
Se ci sono dei giorni decisivi, sono proprio questi: gli ultimi, quelli che precedono il voto del 6 novembre. Se l’ago della bilancia della Storia penderà dalla parte di un secondo mandato o da quella di un nuovo inquilino dello Studio Ovale, lo decideranno in queste ore gli elettori indipendenti degli Stati Chiave, che diranno poi, la loro nelle urne, se non l’hanno ancora fatto con l’Early Voting.
Gli ultimi sondaggi dicono che Barack Obama è in vantaggio negli Swing State, in particolare in Ohio. Qui, la tendenza a suo favore si è consolidata grazie alla gestione di Sandy. “Non lasceremo nessuno indietro” – ha detto il presidente, visitando uno dei tanti centri urbani del New Jersey, devastati dall’uragano. Non si tratta solo di una promessa di un capo di governo di fronte a decine di sfollati (che, secondo Drudge Report sono stati, in realtà, abbandonati a loro stessi dalla autorità statali e governative).
Si tratta di qualche cosa di più: di un messaggio implicito di rassicurazione per la Middle Class. Il passaggio di Sandy a pochi giorni dall’appuntamento con le urne, non solo ha provocato morte e distruzione, ma ha anche rispolverato alcuni fattori simbolici appartenenti alla recente (ma, in fondo, anche antica) storia americana.
Ancora una volta, con la sua presenza, con il suo essere “sul pezzo”, ha voluto rimarcare la differenza tra lui e la gestione che George W. Bush fece dell’uragano Katrina. Così come allora – secondo i critici – il Commander in Chief fu assente, disinteressato, ora, invece, il Numero 44 ha voluto dimostrare come lui, la sua politica, invece si prendano cura del destino dei meno fortunati, di coloro che erano al sicuro nelle loro case prima che arrivasse un uragano (il fenomeno naturale, ma quante allusioni a quella tempesta provocata dalla crisi economica che ha distrutto il benessere di milioni di famiglie del ceto medio).
Il confronto tra Obama – Sandy e Bush – Katrina, per la macchina di propaganda del presidente diventa una suggestione, un indiretto riferimento alla stessa figura di Mitt Romney, il miliardario che vede come un peso quel 47% di cittadini che non lo voterebbe mai (come disse nell’ormai famoso video).
Inoltre, il passaggio di Sandy ha evidenziato un altro dei temi della campagna elettorale: il ruolo del governo federale. Come si sa, il candidato repubblicano è contro il Big Spending Goverment, più propenso a premiare l’inizitiva privata che quella pubblica. Barack Obama ha un’idea completamente diversa. Per lui – e questi anni alla Casa Bianca l’hanno dimostrato – l’amministrazione federale deve essere presente nella vita dei cittadini. La gestione dell’uragano da parte della Casa Bianca è stato (anche) un grande spot a favore di questo idea di governo.
Non è un caso che il Sindaco di New York Michael Bloomberg (democratico indipendente, eletto come candidato repubblicano), abbia deciso di dare il suo endorsement a Obama; e Chris Christie, il governatore repubblicano del New Jersey, lo abbia, invece, pubblicamente elogiato.
Tutti elementi che possono aiutare gli elettori indipendenti a prendere la loro decisioni soprattutto nelle fila di quel ceto medio bianco dell’Ohio che – più di quelli di Florida e Virginia – sarà decisivo per il risultato della notte del 6 novembre.
L’esito non è scontato. Secondo Real Clear Politics, il presidente distanza di un punto e mezzo il suo rivale in Ohio, mentre il candidato repubblicano dovrebbe prendere la Florida e, forse la Virginia. Per Karl Rove, Mitt Romney conquisterà 279 Grandi Elettori, nove in più del minimo necessario per diventare presidente. La squadra di Obama continua a ripetere che senza la vittoria in Ohio, per l’ex governatore del Massachusetts, la strada per Washington è sbarrata.
Cinque giorni, e il nodo verrà sciolto. Cinque giorni.
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