Il « grande semplificatore» scopre la complessità
Il presidente americano ha dovuto prendere atto della realtà, scoprendo per esempio che la sanità non può essere rivoltata a tempo di record cancellando la riforma di Obama
«It’s complicated», è complicato. Dopo le scorciatoie del Trump di lotta della campagna elettorale, ecco il nuovo mantra del Donald di governo, costretto a prendere atto che con le ipersemplificazioni non va da nessuna parte. E allora scopre che la sanità non può essere rivoltata a tempo di record cancellando la riforma di Obama come aveva promesso, perché la materia è molto complessa. Poi racconta, tra il sorpreso e l’affascinato, che, quando ha chiesto a Xi Jinping di usare la forza politica ed economica di Pechino per bloccare il programma nucleare della Corea del Nord, si è sentito raccontare dal presidente del gigante asiatico la tortuosa storia dei rapporti tra Cina e Corea: «E’ più complicato di quanto credessi…»
La prossima conversione stupita potrebbe arrivare nel campo dell’occupazione: Trump, si sa, è deciso a riportare in America le produzioni trasferite all’estero e promette di restituire il lavoro ai minatori che l’hanno perso per il ridotto uso del carbone, l’energia più inquinante. Ma le fabbriche che tornano sono solo quelle che possono essere automatizzate. Quanto al carbone, problemi ambientali a parte, è difficile che la domanda possa salire con l’attuale abbondanza di gas a basso costo. Prima o poi Trump dovrà rendersene conto: mentre lui si occupa di miniere, la vera emorragia occupazionale sta avvenendo nei servizi. Nel commercio al dettaglio più di 100 mila posti di lavoro sono andati in fumo negli ultimi sei mesi. Dal 2001 a oggi la distribuzione ha perso mezzo milione di addetti: un numero 18 volte superiore a quello dei minatori rimasti senza lavoro.
Cifre delle quali Trump dovrà prendere atto. Fin qui non lo ha fatto. Per discriminazione accusano i critici più duri: i minatori sono al 95% bianchi e quasi tutti maschi, il suo zoccolo duro elettorale. Mentre nel commercio i maschi sono meno della metà e il 40% dei dipendenti è di etnia nera, ispanica o asiatica. La spiegazione vera è un’altra. Non razziale, ma comunque legata alla sua propaganda politica. Concentrandosi su operai e minatori è facile trovare un «cattivo» da incolpare: asiatici e messicani a basso costo che rubano lavoro all’operaio Usa o i «liberal» della sinistra ecologista che, imponendo stretti vincoli ambientali, lasciano i minatori senza lavoro. Difficile, invece, additare un colpevole nel commercio. Ma la campagna elettorale è finita mentre l’emorragia dei posti di lavoro del ceto medio continua.
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