In the 2.0 world, the protection of personal data appears to have become today's hot topic. Very recently, Navi Pillay, U.N. high commissioner for human rights, maintained that digital surveillance has become a dangerous habit rather than an extraordinary measure, maintaining that those rights guarded offline should be protected in the same way even inside the digital ecosystem. In this respect, Italy seems to have made the first move. The Belpaese, often a taillight in European classifications as far as innovation and the digital are concerned, lagging in the development of bandwidth or the digitization of the public administration, has attained an important record on the subject of the protection of personal data.
In fact, our country was the first in Europe to put bolts on the doors of the Mountain View giant in order to guarantee a more efficient guardianship over its users' privacy — a job that lasted more than a year, and that saw side by side "Big G" and the Italian guarantor for private data, headed by Antonello Soro. The objective, as Soro himself declared, "was not to establish sanctions in the event of improper practices, but rather to write rules together that Google would have to adhere to." The provision does not limit itself to calling for respect for privacy, but indicates precise measures that Google will need to adopt to conform to the new law.
The introduction of this new standard constitutes a real revolution because from this moment on, it will no longer be taken for granted that whoever uses the services Google offers consents to the unconditional use of his or her own data. Even if the search engine has tried to comply with European rules on matters of privacy — especially after the Court of Justice's ruling on the “right to be forgotten” — many points remain unresolved. And it was precisely to correct these mistakes that the Italian authority intervened.
The critical points singled out by the guarantor relate to the inadequacy of the information provided to users, to the missing request for agreement on the proliferation of the data, and at other times to its retention. In this sense, Google will be required to clearly explain, in its general informational statement, that the data is collected and used for commercial purposes, for visible advertising, and to specify the ever more sophisticated techniques of proliferation that by now go well beyond simple cookies.
For their part, through a simple and clear mechanism — a clickable banner where they can accept or deny — the users can choose, instance by instance, whether they agree or not to their data being used. As far as retention patterns are concerned, Google will have to specify definite time periods based on the norms of the privacy code, both for data kept on "active" systems and archived data. In the first case, the guarantor has determined that the cancellation has to be completed within two months of a request having been made, and for archived data within six months.
Google will have 18 months to conform to the regulations. In this time period, the guarantor will monitor the implementation of the measures. By next September 30, Google will have to submit a verification protocol to the authority Soro heads that will become binding as soon as it is signed.
Privacy 2.0,
primato italiano
di Elena D’Alessandri
24 luglio 2014WEB
Nel mondo 2.0 quello della protezione dei dati personali sembra essere diventato il tema caldo del momento. Proprio nei giorni scorsi l’Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, Navi Pillay, ha sostenuto che la sorveglianza digitale è ormai una pericolosa abitudine più che una misura straordinaria, sostenendo che i diritti tutelati offline devono essere protetti allo stesso modo anche nell’ecosistema digitale.
In questo senso, l’Italia sembra aver giocato d’anticipo. Il Belpaese, spesso fanalino di coda nelle classifiche europee per quanto riguarda innovazione e digitale – ritardi nello sviluppo della banda larga o nella digitalizzazione della Pubblica amministrazione – ha conquistato in materia di protezione dei dati personali un importante primato.
Il nostro Paese, infatti, è stato il primo in Europa a mettere dei “paletti” al gigante di Mountain View, al fine di garantire una più efficace tutela della privacy per i propri utenti. Un lavoro durato oltre un anno che ha visto fianco a fianco “Big G” e il garante italiano per la protezione dei dati personali presieduto da Antonello Soro. L’obiettivo, come ha dichiarato lo stesso Soro, “non è stato quello di stabilire delle sanzioni in caso di pratiche scorrette, ma piuttosto scrivere insieme delle regole cui Google dovrà attenersi.”
Il provvedimento non si limita a richiamare il rispetto della privacy, ma indica misure precise che Google dovrà adottare in conformità alla nuova legge.
L’introduzione di questa normativa costituisce una vera e propria rivoluzione perché, da questo momento in poi, non si darà più per scontato che chiunque utilizzi i servizi offerti da Google acconsenta al trattamento incondizionato dei propri dati. Nonostante il motore di ricerca avesse cercato di adeguarsi alle regole europee in materia di privacy – soprattutto a seguito della pronuncia della Corte di giustizia europea sul “diritto all’oblio” – molti nodi restavano comunque irrisolti. Ed è proprio a correggere queste falle che è intervenuta l’Authority italiana.
I punti critici individuati dal Garante sono relativi all’inadeguatezza delle informazioni fornite agli utenti, alla mancata richiesta di consenso per la profilazione dei dati e ai tempi di conservazione degli stessi. In tal senso Google sarà obbligato a spiegare chiaramente, nell’informativa generale, che i dati vengono raccolti e utilizzati a fini commerciali, per una pubblicità mirata, specificando le sempre più sofisticate tecniche di profilazione che ormai vanno ben oltre i semplici “cookie”.
Gli utenti, dal canto loro, attraverso un meccanismo chiaro e semplice – un banner sul quale cliccare il proprio assenso o diniego – potranno di volta in volta decidere di acconsentire o meno al trattamento delle proprie informazioni.
Per quanto riguarda le tempistiche di conservazione, Google dovrà definire tempi certi sulla base delle norme del codice della privacy, sia per quelli mantenuti sui sistemi “attivi”, sia per quanto riguarda quelli archiviati. Per i primi, il Garante ha imposto che la cancellazione venga soddisfatta entro due mesi dalla richiesta; per quelli archiviati, entro sei mesi.
Google disporrà di diciotto mesi per adeguarsi alle prescrizioni. In questo lasso di tempo, il Garante monitorerà l’implementazione delle misure. Entro il 30 settembre prossimo Google dovrà sottoporre all’Autorità presieduta da Soro un protocollo di verifica che, una volta sottoscritto, diverrà vincolante.
This post appeared on the front page as a direct link to the original article with the above link
.